di Mario Giardini
Come la Cosmologia influenza la vita degli esseri umani
Nota: prima di continuare il nostro racconto sulle scoperte cosmologiche del ‘900, fermiamoci a fare qualche considerazione sull’impatto che le nuove conoscenze hanno, o dovrebbero avere, sulla nostra visione della vita.
Richard Feynman (nella foto) è stato uno dei più grandi fisici del secolo scorso. Premio Nobel nel 1965, fu un talento precocissimo e autodidatta in matematica. Era anche un uomo spiritoso.
Nel suo libro sulla QED, l’elettrodinamica quantistica (La strana teoria della luce e della materia, Adelphi, 1989) scriveva (riassumo il senso): “Sto per parlare di una cosa che non capirete. Tranquilli, non mettete via il libro: non la capiscono neppure i miei studenti. E la ragione principale è che non la capisco neanch’io. Siccome noi fisici abbiamo imparato a convivere con questa situazione, potete farlo anche voi. Il mondo subatomico è strano, e le teorie che lo rappresentano non possono essere meno strane. Tuttavia, il problema non è decidere se una teoria è bella, filosoficamente parlando, o facile da capire, o ragionevole. Il problema è vedere se fa predizioni in accordo con i risultati sperimentali.”
Dopodiché, spiegava cose intricate (l’analisi probabilistica della QED) senza, apparentemente, far nulla per renderle più comprensibili. Poi, però, forniva un esempio: supponendo di applicare tutto l’ambaradam quantistico alla misura della distanza tra Los Angeles e Nuova York (un po’ meno di 4000 Km), il calcolo teorico e la misura sperimentale certamente fornirebbero due valori distinti. Ma l’errore sarebbe inferiore allo spessore di un capello umano. In altri termini: teoria ed esperimento (quantistico) collimano fino alla decima cifra decimale.
Che Feynman capisse benissimo ciò di cui parlava è del tutto ovvio. Ma il messaggio è che la QED può anche essere incomprensibile ai più, o perfino sgradevole, ma se rappresenta la realtà con impressionante precisione, non si può ignorarla solo perché non la si capisce o descrive un mondo repellente ai nostri sensi.
La cosmologia moderna raccoglie, infatti, sempre più indizi sulla possibile esistenza di una infinità di universi. La “creazione”, cioè il big bang, potrebbe non essere un evento unico e irripetibile, ma cosa ordinaria che si ripete costantemente in qualche punto del multi-verso, dando luogo ad un nuovo universo, che risponde a leggi fisiche diverse dalle nostre.
Di questi infiniti universi, molti sono vuoti. Altri fatti di “nulla”: gas ed energia. Altri sono identici al nostro. Qualcuno ha calcolato che solo nel “nostro” universo (cioè la nostra bolla di Hubble) dovrebbero essere presenti 10 elevato alla potenza ventesima (100.000.000.000.000.000.000, cento milioni di milioni di miliardi) pianeti simili alla Terra. La probabilità che esistano infinite copie di ciascuno di noi stessi è maggiore di zero. Sono immaginabili forme di intelligenza non biologiche, fondate su elementi che non siano il carbonio (sulla Terra si sono scoperti batteri che si alimentano di silicio; altri “mangiano” mercurio). E’ legittimo porsi domande sulle loro “filosofie”, credenze, etiche. La vita biologica stessa potrebbe avere avuto origine, sul nostro pianeta, non nei mari, ma sotto terra, a grandissima profondità, pressione e temperature.
Intere filosofie (peraltro ancora seriosamente insegnate nelle nostre università), e le maggiori religioni monoteistiche occidentali, sono state fondate sul credo che l’universo sia unico, che sia stato creato per permettere all’Uomo di abitarlo e signoreggiarlo. La creazione è raccontata come un evento, a sua volta, unico ed irripetibile. La vita terrena, nel Cristianesimo, ad esempio, viene considerata una parentesi avente per scopo principale quello di sottoporci a innumerevoli prove in vista di una vita futura.
Vari problemi la cosmologia moderna pone ai monoteismi occidentali, i cui testi sono stati scritti nell’antichità (Bibbia) o comunque in tempi bui, come il Corano. Sono testi il cui impianto complessivo non supera il vaglio di una mente moderna. Contengono un messaggio etico, uno morale, dettano norme socio-politiche e costruiscono una filosofia che tenta di “spiegare” il mondo fisico. Sono, tutti quanti questi testi, una sorta di Teoria del Tutto avanti lettera. Essi vengono comunque difesi strenuamente, mutandone, quando possibile, l’interpretazione. Oltre all’ovvio interesse terreno di preservare l’organizzazione del suo clero, c’è da domandarsi perché si cerchi di salvare “il messaggio” nella sua interezza, anzichè abbandonare quelle parti che sono in tutta evidenza indifendibili.
La ragione è che incrinare una parte del messaggio spesso significa dover rassegnarsi a distruggere altre parti essenziali alla sopravvivenza del Credo. Pensiamo al concetto cristiano di peccato dell’umanità. In assenza di una creazione, non c’è una creatura da collocare nel Paradiso (sia pure interpretato in senso mitico), e da scacciare perché commette peccato. Che questa sia una idea filosoficamente repellente, poco importa. Tuttavia è funzionale al Credo: giustifica e rende necessario un Dio che si faccia uomo e che si faccia crocifiggere per redimere l’umanità. Se il “peccato” non esistesse, il Cristianesimo perderebbe il suo “scopo” sociale più prezioso: la Redenzione dell’Umanità, e la promessa di vita eterna.
Pensiamo al Dio del Vecchio, ma anche a quello del Nuovo Testamento: è un Dio, si afferma, di misericordia. Ma crea l’uomo e gli permette di diventare un peccatore. Lo espelle dal Paradiso e lo condanna ad una vita di stenti e di miserie. E, cosa filosoficamente ancor più inaccettabile, tollera la presenza del Male nel mondo. Non solo di quello compiuto coscientemente, per libera scelta, dall’uomo sull’uomo. Ma anche di quello indifferenziato, indifferente, ineluttabile per troppi esseri umani innocenti: malattie, fame, miseria. Questo è un Dio terribile, non di misericordia. Giudica e condanna a pene infinite la sua creatura, quella che, vogliono farti credere, Egli ama, avendola creata a Sua immagine e somiglianza.
Che immagine di Dio ci formeremmo se, invece di una sola Umanità, ve ne fossero molte o infinite? Magari, tutte, egualmente condannate alla sofferenza e al male?
Crederemmo che per ciascuna è stato necessario, è e sarà necessario in futuro il suo Cristo crocefisso per la propria Redenzione?
Commenti