Montagna solitaria, imponente, il Cerro Tupungato (nella foto) è alto 6860 m. La cima ricoperta da ghiacci perenni, è meta di alpinisti e turisti in cerca di emozioni forti. Si trova a sud della città di Mendoza, nel tratto più alto della cordigliera delle Ande. Il suo vicino, l’Aconcagua, la montagna più alta delle Americhe, misura 139 metri in più. La storia che racconto, però, incomincia molto molto tempo fa e molto lontano.
1941. Il 9 gennaio vola per la prima volta un bombardiere britannico costruito dalla Avro, al quale sarà dato il nome di Lancaster. Ha quattro motori Rolls Royce Merlin, lo stesso, leggendario propulsore che equipaggiava Spitfires e Hurricanes durante la battaglia d’Inghilterra. Di Lancaster ne verranno costruiti circa ottomila. La metà furono abbattuti in missioni di guerra, quasi tutti sulla Germania.
Nei quattro anni seguenti, compirà centinaia di migliaia di missioni, sganciando oltre 623 mila tonnellate di bombe su obbiettivi bellici nell’Europa occupata da Hitler.
Non fu soltanto il fatto d’essere il miglior bombardiere prodotto in Gran Bretagna nella seconda guerra mondiale a farlo amare. Ogni sera, per anni, il rombo dei Merlins e la visione di interi stormi che, al tramonto, facevano prua verso est e tornavano, quando tornavano, all’alba, riscaldava i cuori inglesi. Questo aereo, insieme allo Spitfire e allo Hurricane, divenne ed è tutt’ora il simbolo dello spirito combattivo della Gran Bretagna e della sua fede arcigna, testarda, irrinunciabile, granitica, nella vittoria finale nella guerra contro la Germania hitleriana.
La RAF, nonostante siano passati oltre settanta anni dalla fine della guerra, ne mantiene ancora uno in servizio. Ed ogni anno, in luglio e in settembre, quando si festeggia l’inizio e la fine della Battaglia d’Inghilterra, questo bombardiere compie un breve volo e sorvola l’aeroporto di Duxford. E’ scortato da uno Spitfire e da uno Hurricane. Uno dei caccia ad un certo punto si impenna, sale al cielo, e abbandona la formazione, nel silenzio rispettoso del pubblico che si conta a centinaia di migliaia di persone. Rappresenta, questa cabrata, il missing man, cioè colui che non è sopravvissuto alla missione e che non tornerà mai più.
Un Lancaster compiva, in media, meno di quaranta missioni, prima di essere abbattuto: per la precisione, 39,2. I turni per i piloti ed equipaggi, all’inizio della guerra, erano 25 missioni in totale: poi a casa o a fare un altro mestiere. Ma con l’inasprirsi del conflitto, le perdite crescenti, la caduta della Francia, e la neutralità americana e russa che lasciò soli gli inglesi a combattere Hitler per molti, lunghissimi mesi, le missioni diventarono 40. E infine 50. Completato un ciclo di missioni, in tanti ne richiesero ancora uno. Insomma, ci volevano degli attributi giganteschi per volare in guerra su questa macchina.
1947. A guerra finita, alcuni Lancaster furono trasformati in aerei di linea, ricevendo un nuovo nome: Lancastrian. Uno di essi, nel 1947, partì da Londra diretto a Santiago del Chile. Una rotta lunga quasi quindicimila chilometri, per coprire la quale occorrevano 27 ore di volo e varie soste. Il suo nome era Star Dust. Atterrò a Moròn, provincia di Buenos Ayres, e proseguì il giorno seguente per Santiago. Il cattivo tempo sulla cordigliera lo costrinse ad atterrare a Mendoza.
Il giorno seguente, 2 agosto, inverno pieno, lo Star Dust ridecollò alla volta di Santiago. Undici le persone a bordo: cinque membri di equipaggio e sei passeggeri. Alle 15.15 del pomeriggio, ora argentina, il comandante chiamò la torre di Santiago, comunicando che, causa mal tempo, saliva a quota 7000 metri. La voce era calma, di uomo che sa quel che deve fare e confida di poterlo fare bene.
Fu l’ultimo messaggio totalmente comprensibile del Bombardero Perdido, che non arrivò mai a destinazione. Altri messaggi, molto disturbati, non furono completamente compresi dalla torre di Santiago. L’ultimo, a quanto pare, riportava: “ETA – estimated time of arrival – 17.45… stendec (o stendek)”. Quale fosse il significato da attribuire alla parola stendec (che non fa parte della fraseologia standard aeronautica) è ancora oggi materia di discussione.
1947-1999. Durante gli anni, una cinquantina di aerei sono caduti in quel tratto di Cordigliera, molto difficile da superare causa jet stream e condizioni meteo. Sono stati tutti ritrovati, con la sola eccezione dello Star Dust. Questo alone di mistero non poteva non generare dicerie di ogni tipo. A causa della presenza, fra i passeggeri, di un diplomatico inglese, si alluse a documenti di Sua Maestà, che rivelavano innominabili relazioni con il governo di Peron. Poiché un ricco ebreo era a bordo, si ipotizzò di una caccia al nazista fuggito in Cile, con la variante, successiva, di un possibile carico d’oro, di origine nazista, imbarcato di nascosto sullo Star Dust. Leggende.
1999. L’estate del 1999 fu torrida, come mai negli ultimi decenni. Il ghiacciaio in cima al Tupungato si sciolse più del solito. E ad un andinista che scendeva dalla montagna lungo un sentiero poco battuto, toccò in sorte avvistare i resti di un aeroplano, alla quota di 5500 metri.
Informate le autorità di Mendoza, fu preparata una spedizione, che arrivò sul posto e ritrovò frammenti di fusoliera, motori, carrello e resti di corpi umani, unitamente a qualche effetto personale. I documenti e alcune parti dei motori furono inviati alla Gran Bretagna. Essi erano tali da non lasciare dubbi: lo Star Dust era stato finalmente ritrovato. Ci si ripromise di effettuare un recupero completo nell’estate seguente. Ma non fu possibile.
Gli inverni che seguirono furono freddi, e molto nevosi: il ghiacciaio ricrebbe, riprendendosi, forse definitivamente, la sua vittima.
Così, del Bombardero Perdido si persero nuovamente le tracce.
Il comandante dello Star Dust era molto giovane. Ma era un pilota esperto ed affidabile. Veterano della seconda guerra mondiale, aveva servito sui Lancaster, sfidando la morte in innumerevoli occasioni.
Sopravvisse alla contraerea, ai caccia tedeschi e al fuoco amico. Ma non sopravvisse ai pericoli di quella montagna così lontana da Londra.
Il suo nome era James Cook, e aveva appena 29 anni.
Il suo omonimo, scopritore dell’Australia, era morto anch’egli lontano dalla patria, dopo avere affrontato e superato innumerevoli pericoli. Ma una freccia di un indigeno, alle Hawaii, mise fine alla sua vita avventurosa. Correva il mese di febbraio del 1779. Quel James Cook aveva 51 anni.
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