di Mario Giardini
Una, fra le tante barzellette raccontate dai nostri politici cercando di farle passare per cose serie, mi induce al sorriso più delle altre: “l’opportunità di crescita e innovazione legata ai fondi strutturali europei”.
In soldoni, quando vengono citati, e dipendendo dal grado di ignoranza del politico che ne parla, le cifre variano anche di più di un ordine di grandezza. Comunque, sono sempre molti miliardi di euro. Talvolta decine. E, cumulativamente, centinaia.
Nei fatti, i fondi sono più di 453 Miliardi di € dal 2014 al 2020. Una montagna di soldi destinati a vari impieghi. Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, quello dedicato alle regioni d’Europa che hanno un PIL pro capite inferiore al 25% del PIL medio pro capite nazionale, ha una dotazione di 182 Miliardi. Il fondo alla “coesione sociale” 63,4. Quello allo sviluppo e sostegno della competitività delle aziende nelle regioni più sviluppate, sì, c’è anche questo, 54,3.
Perché mi viene da sorridere quando sento Renzi o altri politici parlare sull’argomento?
Beh. Nel 2013, il contributo italiano al bilancio UE furono 17,15 Miliardi di €, contro una assegnazione di 11,9. Nel 2012, versati 16, assegnati 10,7. Totale versato: 33. Totale assegnato: 21,6.
In pratica, questa “opportunità di crescita e innovazione” vale due, ma ci costa più di tre. In due anni tragici per la nostra economia. Ma lo stesso discorso vale per gli ultimi quindici anni: saldo negativo, sempre, per un totale di 42 miliardi dal 2001.
Ovvio che qualcosa non mi torni nel discorso entusiasta dei politici.
Che possiamo fare, come paese, per migliorare la situazione? Beh. Intanto, potremmo fare come ha fatto Cameron. Ha rotto gli zebedei così tanto che gli hanno accordato uno sconto al contributo dovuto nel 2014. Pari a oltre 5 miliardi. Chi li mette? Gli altri 27 della UE.
Tutti, in proporzione al PIL, come si dovrebbe?
No. Noi, evidentemente maestri negoziatori, ce ne siamo accollati oltre 1067 milioni. La Germania, invece, ne metterà solo 326. A noi tocca un 20%. E contiamo in seno UE il 12,64% come PIL. Chi negozia a Bruxelles queste cose? Nomi e cognomi, e pubblica gogna, please.
Direte: abbiamo forse abbiamo negoziato bene magari le assegnazioni previste dal piano 2014 – 2020. Ma quando mai. La Repubblica Ceca (un sesto dei nostri abitanti) ha ottenuto 22 Miliardi. L’Estonia, meno della metà della popolazione di Roma, 3,6 Miliardi: è come se gli estoni ne avessero avuto 200 di Miliardi, se rapportati ad un paese di 60 Milioni di abitanti come l’Italia. I campioni, e di gran lunga, sono i polacchi (38 Milioni abitanti): 77,6 Miliardi assegnati.
Italia: 33 Miliardi in tutto. Ne verseremo (se nulla cambia in relazione alle contribuzioni) fra 112 e 126. Saranno di meno se il PIL Italiano continuerà a diminuire.
Le assegnazioni implicano il dovere di utilizzare i fondi entro il periodo di assegnazione. Dopodiché, decadono. Noi siamo i campioni europei nella competizione di incapacità di usare i fondi. E’ di questi giorni la notizia che ci sono circa 15 miliardi di euro da spendere, cioè allocare, entro il 2015. Mission impossible Number Sixty five: non bastano 23 000 Tom Cruise a compierla.
Perché? Ci sono diverse ragioni. C’è la complessità delle procedure previste, a livello comunitario e a livello nazionale. La frammentazione del processo decisionale: in questo senso, il principio di sussidarietà, che in teoria assolutamente è condivisibile, in questo settore si rivela una follia vera e propria.
Ed infine c’è la ragione, a mio avviso, più importante di tutte: in Italia la politica non è per niente interessata a utilizzare questi fondi. Gli basta, e avanza, per i suoi fini ultimi, il semplice “gestirli”.
Mario Giardini.
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