di Mario Giardini
Nel 1948 il valore delle merci esportate, a livello mondiale, rappresentava solo lo 1% del prodotto mondiale lordo (PML): 60 miliardi di dollari. Nel 2003 era salito a 7.400 Miliardi. Ed in soli quattro anni, nel 2007, raggiunse i 13.600 Miliardi di $, pari al 29% del PML. Un terzo della ricchezza creata a livello mondiale viene dunque scambiata tramite il commercio internazionale, intendendo con ciò le merci che attraversano una frontiera fra stati.
Se “pesiamo” le merci, troviamo che per oltre l’80% si utilizza il trasporto marino. Ma se consideriamo il valore monetario delle stesse, troviamo che il 35% le si trasporta per via aerea. Sono, queste ultime, merci ad alto valore o rapidamente deperibili. Il resto dello scambio fra i vari paesi utilizza rotte terrestri: ferrovie, trasporto su gomma e lungo canali, fiumi e laghi su chiatte.
Egualmente impressionanti sono altri numeri. Nel 1970 si movimentavano, sempre nell’ambito del commercio internazionale, 2.600 Milioni di tonnellate di merci di vario genere. Dai prodotti grezzi a quelli finiti o semi-lavorati. Nel 2007 oltre 8.000.
Dei 4.000 Milioni di tonnellate di petrolio estratte nel 2007, 2.681 sono state trasportate allo stato grezzo o come combustibili derivati. La flotta di petroliere adibite contava all’epoca circa 4.800 navi, di cui circa duemila erano superpetroliere di stazza lorda compresa fra 240.000 e 350.000 tonnellate.
Nello stesso anno, 1.997 Milioni di tonnellate di minerali di ferro, carbone, bauxite, allumina, fosfati, granaglie sono stati mossi dal paese di produzione a quello di trasformazione e/o consumo. Il resto, 3.344 Milioni di ton, sono stati movimentati tramite containers.
In totale, la marina mercantile conta con circa cinquantamila navi, possedute da circa diecimila armatori.
Per ciò che attiene al trasporto aereo, si conta complessivamente con oltre 25.000 jets commerciali, suddivisi fra circa 1.400 compagnie aeree (dati 2013). Nello stesso anno, sono stati trasportati oltre 3 miliardi di passeggeri su rotte che complessivamente misurano qualche milione di chilometri, servite da oltre 4.000 aeroporti.
Il trasporto via mare è quello che risulta, di gran lunga, il meno costoso per unità di peso trasportato e per km di distanza coperta. In pratica, i costi di trasporto marittimo sono quasi sempre una frazione minima del valore della merce trasportata, assai raramente superiore al 2%; molto spesso inferiore all’1%.
Ad esempio, una superpetroliera da 275.000 tonnellate in servizio fra il Golfo Persico e l’Europa la si poteva noleggiare nel 2004 a 83.000 dollari al giorno. Nel 2008, a 120.000. Con il barile a 50 dollari e un noleggio da 100.000 dollari al giorno, il costo del trasporto del greggio è, in questo caso, inferiore al 2% del suo valore. Il costo del trasporto naturalmente dipende da moltissimi altri fattori, compresi quelli non strettamente tecnici, quali lo stato della domanda e dell’offerta.
Due però sono fondamentali: il capitale necessario per la costruzione delle navi. E i costi operativi, fra cui il più importante, nel corso del ciclo di vita della macchina, è il consumo di carburante. Ebbene, una petroliera moderna da 250.000 tonnellate costa intorno ai 120 Milioni di dollari (raddoppiarne la dimensione costa appena il 40% in più). E può coprire la rotta Ras Tanura – Houston, 20 000 km circumnavigando l’Africa, consumando appena lo 0,7% del combustibile che trasporta.
Ciò è possibile solo ed esclusivamente per l’esistenza di motori diesel marini capaci di fornire contemporaneamente altissime potenze (oltre 100.000 hp) ed altissima efficienza termica, cioè bassissimi consumi unitari.
Infatti, un diesel marino moderno a due tempi, consuma meno di 50.000 Joules per tonnellata/km. Per comparazione: un treno sta fra i 300.000 ed i 600.000 Joules. Un camion pesante fra i 2 Milioni ed i 4 Milioni di Joules. Ricordo che da un litro di benzina si ricavano circa 42 MJ (milioni di Joules).
Circa 40 Milioni di tonnellate di merci e tre miliardi di passeggeri vengono trasportati via aerea ogni anno.
Nel 1980, le merci trasportate erano appena 10 milioni di ton e poco più di 380 milioni i passeggeri (295 solo negli USA).
Una crescita resa possibile dall’invenzione, negli anni ’30 – ’40 del motore a reazione (turbogetti nella primissima fase e poi, a partire dagli anni ’60, turbofans).
Il turbogetto è l’unico motore primo inventato nel corso del XX secolo che sia stato usato su larga scala non solo per scopi militari ma soprattutto, negli ultimi decenni, civili.
Il motore diesel è un motore primo la cui invenzione risale, invece, a fine ‘800 ma la cui adozione a livello planetario è avvenuta a partire dagli anni ’30 del secolo scorso.
Possiamo anche aggiungere un terzo “motore”, un motore sui generis, che serve a “spostare” le informazioni: le telecomunicazioni. E qualche sistema ausiliare di grande importanza, come l’invenzione del container e del trasporto marittimo/terrestre containerizzato.
Dunque la globalizzazione dell’economia non sarebbe stata possibile senza la disponibilità di questi due “motori primi”, il diesel e il motore a reazione.
Il racconto del come, dove e da chi siano stati inventati, è affascinante. Ma è un racconto che parte da molto lontano: dalla scoperta, controllo e impiego del calore. Il primo passo fu compiuto in tempi remotissimi, allorché si imparò a produrre il fuoco.
Mario Giardini
pubblicato su www.thefrontpage.it
il 23.01.2015
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