A partire dagli anni venti del secolo scorso è nata la fisica quantistica, una Scienza che ha radicalmente rivoluzionato il modo classico e intuitivo di interpretare la realtà, fino ad allora basato sull’assunzione che gli oggetti abbiano una esistenza intrinseca, indipendente dall’osservatore e governata da precise leggi di causa ed effetto.
L’idea della fisica classica, secondo cui gli ingredienti fondamentali della materia possiedano una esistenza intrinseca, indipendente dall’osservatore, non è infatti compatibile con la fisica quantistica. Come vedremo più avanti, nel mondo dei quanti le particelle entrano ed escono dalla realtà, a seconda che siano o non siano osservate e la posizione e il momento(=massa x velocità) di una particella non possono essere determinati contemporaneamente.
Anche l’idea che i quanti siano governati da precise leggi fisiche di causa ed effetto non è più valida, perché in fisica quantistica il risultato di ogni processo è sempre probabilistico.
(Per saperne di più sul mondo incredibile della fisica quantistica vedere su questo blog l’articolo di Mario Giardini: Cosmologia-12-Le stranezze del mondo subatomico).
Come vedremo, questo rivoluzionario modo di interpretare i fondamenti della realtà è in armonia con i principi base della filosofia Buddista, (in particolare, con il cosiddetto concetto di “vacuità” di cui discuteremo nell’articolo VI) e già negli anni trenta del secolo scorso aveva attirato l’attenzione di alcuni dei fisici fondatori della meccanica quantistica, come Niels Bohr(1885-1962), l’ideatore della cosiddetta interpretazione di Copenhagen, attualmente l’interpretazione più accreditata della fisica quantistica.
Ecco cosa ha scritto Niels Bohr a proposito della teoria riguardante il modello dell’atomo da lui sviluppato:
“dobbiamo rivolgerci a quei tipi di problemi epistemologici con i quali pensatori come Buddha e Lao Tzu (fondatore della religione taoista, ndr) si sono già confrontati, perseguendo l’obiettivo di armonizzare la nostra posizione di spettatori e attori nel dramma dell’esistenza”.
Anche A. Einstein, che peraltro non volle mai accettare le nuove teorie sulla fisica quantistica, fu sensibile al Buddismo, di cui colse il senso cosmico e l’assenza di dogmi e dottrine. Sono disponibili sul web diverse citazioni del pensiero di Einstein sul Buddismo, ma alcune di esse sembrano non autentiche (vedere: https://en.wikipedia.org/wiki/Talk%3ABuddhism_and_science#Einstein_and_Buddhism:_a_widely-cited_but_spurious_quotation).
Qui citiamo solo uno scritto di Einstein, verificato come autentico:
” I primi sentimenti di religione cosmica appaiono già agli albori dello sviluppo, come nei primi Salmi di Davide e in alcuni salmi dei profeti. Il Buddismo, come abbiamo imparato da Schopenhauer, possiede in modo molto più forte questo elemento cosmico. I geni religiosi di tutte le epoche si sono distinti per questo tipo di sentimento religioso”.
A partire dagli anni 80 del secolo scorso, nel Buddismo si è sviluppato un notevole interesse per la Scienza, caldeggiato soprattutto dall’attuale Dalai Lama che nel 1987 ha costituito l’istituto Mind and Life, con lo scopo di promuovere periodici incontri tra pensatori buddisti e scienziati.
Ecco a proposito il pensiero del Dalai Lama citato dal Prof. Pier Luigi Luisi che collabora con l’Istituto Mind and Life
(http://www.Scienzainrete.it/contenuto/articolo/pier-luigi-luisi/prove-di-dialogo-fra-Scienza-e-buddhismo/luglio-2013):
“La mia fiducia nell’avventurarmi nella Scienza è basata sulla convinzione che sia la Scienza che il buddhismo perseguano la comprensione della realtà della natura per mezzo di indagine critica. Se l’analisi scientifica arrivasse a dimostrare nel modo più conclusivo che certe affermazioni del buddhismo sono false, allora dovremmo accettare le conclusioni della Scienza e abbandonare tali affermazioni”.
Il dialogo tra pensatori buddisti e scienziati patrocinato dall’Istituto Mind and Life si è finora concentrato principalmente su tre aree. La prima è l’astrofisica, fondamentalmente riguardo al modo in cui è nato l’universo e quello che sarà il suo destino: ha avuto un inizio? È stato creato oppure è parte di un processo eterno di big-bang e big crunch? Il secondo argomento è la fisica delle particelle, riguardo alla struttura degli atomi e della materia. La terza area è quella delle neuroscienze, ecco solamente alcune delle domande oggetto di studio: in cosa consiste lo stato di coscienza? Che rapporto esiste fra mente e cervello?
Come vedremo, le ragioni per le quali il Buddismo pone tanto interesse verso la Scienza nascono dal fatto che, nella sua filosofia l’elemento essenziale sul quale si basa il modo con cui il buddista concepisce la vita, è rappresentato dalla profonda comprensione della realtà del mondo.
Ora, come discuteremo, la conoscenza di questa realtà comporta inevitabilmente anche il dominio della Scienza .
Discuteremo questo argomento, insieme a una breve introduzione al Buddismo negli articoli II e III.
Negli articoli IV-VII passeremo invece a discutere le armonie fra Scienza e Buddismo nella interpretazione della realtà del mondo, come evidenziato dalle ultime grandi scoperte innovative della fisica e cioè la fisica quantistica, la fisica dell’infinitamente piccolo e la relatività, la fisica dell’infinitamente grande.
Nell’articolo VII accenneremo brevemente anche al dialogo fra Buddismo e Scienza relativo alle neuroscienze. L’argomento verrà trattato in una serie di articoli dedicati a questo argomento.
Precisiamo, prima di addentrarci nello studio, che esistono due principali scuole di Buddismo, note come Mahayana and Theravada . Esse differiscono fra loro per pratica e modalità di insegnamento, ma entrambi conservano alla base i sacri testi buddisti e riconoscono le stesse verità proclamate dal Buddha. In particolare, i principi fondanti del Buddismo, dei quali discuteremo i punti in comune con la Scienza, valgono per entrambi le scuole.
Quindi nelle discussioni che seguono parleremo di Buddismo semplicemente, senza fare riferimento a nessuna scuola in particolare.
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