Bestiario – 1 – Flagellati e flagellatori – Di come si possa ignorare la realtà – Commento al discorso di Papa Bergoglio

di Mario Giardini

Premessa

egoismo bergoglioDon Jorge è un misto fra un gaucho, un caudillo latinoamericano e un prete della teologia della liberazione.

Un uomo venuto da lontano, dalla fine del mondo, a dire, a dirci, a noi europei, quanto siamo egoisti, asserviti al Dio denaro, e privi di cuore nel respingere quei poveri bambini che, in braccio ai loro padri, passano attraverso le frontiere bucate dell’Europa. O, come fanno i più furbi, si mettono in mare e aspettano la nave italiana che li porti verso quella libertà, e benessere, per il quale non si sono sognati di rimanere a combattere nel proprio paese.

Io credo che Don Jorge Gaucho dovrebbe tornarsene alla fine del mondo. Strumentalizza immagini toccanti per fini politici, come un qualsiasi politico da quattro soldi nostrano. Essendo cresciuto in Argentina, conosco gli indigeni: avrebbe, Don Jorge Mario, un lavoro assicurato per lungo tempo a correggere i suoi connazionali, e con loro, tutti i sudamericani, nella esatta maniera in cui pretende di correggere noi.

In breve. Lui è un perfetto esempio di religioso di uno dei tanti ordini religiosi  che, senza volere, a volte, a volte coscientemente, si trasformano in Fabbricanti di Miseria, flagello dell’Umanità tutta.  Perché, come scrivono nel loro libro Montaner, Vargas Llosa e Mendoza, sono  “…ordenes religiosoas que, encomendandose a Dios, pero con resultados diabolicos, difonden nocivos disparates desde los pulpitos…” Ovvero, quegli ordini religiosi che, raccomandandosi a Dio, ma con risultati diabolici, diffondono nocive stupidaggini dai pulpiti.

Punto 1: “E’ stato consegnato al Pontefice il riconoscimento attribuito ogni anno dalla città di Aquisgrana a personalità che si siano contraddistinte per il loro ruolo in favore dei valori europei. La motivazione è legata all’impegno di Francesco nel costruire un’Europa di pace, fondata su valori comuni e aperta ad altri popoli e continenti.”

Prima di dare il suo a Don Jorge Gaucho, diamo ai cittadini della città di Aquisgrana che hanno deciso di premiare il Papa, ciò che si meritano: imbecilli.  E ai politici che gli siedono di fronte compunti solo per farsi flagellare: imbecilli al quadrato. Don Jorge non vuole “un’Europa di pace e aperta ad altri popoli e continenti”. Don Jorge Gaucho, con la sua ostinata sollecitazione ad aprire le frontiere europee, non fa altro che invitare i disperati di tutta la terra a venire da noi. Non può ignorare, Don Jorge, che solo i profughi di guerra sono 60 milioni. E i poveri che campano con meno di 1,25 $ al giorno circa 700 milioni. Come crede sia possibile integrare simili folle se un singolo immigrato costa 1000 € al mese, bisogna trovargli una casa e un lavoro, insegnargli la lingua, accoglierlo nel sistema sanitario nazionale, nel sistema educativo, ecc, in un continente dove il lavoro non c’è per decine di milioni di europei? E non c’è per i giovani, cioè per i nostri figli? Come può credere che importare decine di milioni di musulmani non possa non disintegrare le società europee e provocare infiniti problemi? Ignorare questi fatti, non opinioni, ma fatti, significa una sola cosa: o l’uomo è più stupido di quanto pensiamo, o lo sa, ma preferisce far finta di no. Qual è la motivazione principale? Secondo me, quella di tutti o quasi i sudamericani (che pure sono discendenti di europei): odiano l’Europa, quell’Europa ricca e opulenta a spese altrui, secondo la vulgata sudamericana, e la vogliono distruggere, perché origine di tutti i Mali del nostro tempo. E, soprattutto, causa della loro povertà.

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Cosmologia – 15 – Dark Energy: L’energia oscura dello spazio vuoto

di Mario Giardini

dark energyIl Premio Nobel per la Fisica, anno 2011, fu asegnato a tre cosmologi: Perlmutter (Lawrence Berkeley National Laboratory, California), Schmidt (Australian National University, Weston Creek) e Riess (Space Telescope Science Institute and John Hopkins University, Baltimora).

Che cosa hanno fatto I tre per meritarlo? Competendo e polemizzando fra di loto, talvolta acidamente, talaltra un po’ meschinamente, hanno prodotto, insieme, una Rivoluzione (la maiuscola è meritata). Ed il Nobel, anche.

Vediamo perché. Fino al 1998 molti cosmologi trattavano di capire se l’espansione dell’universo, iniziata quattordici miliardi di anni prima con il big bang, stesse rallentando e di quanto. Per capire, insomma, se l’espansione sarebbe continuata, o ad un certo punto si sarebbe fermata. E magari sarebbe subentrata una contrazione e tutto sarebbe finito in un big crunch, cioè in un’implosione finale. Con l’universo ridotto ad un punto di densità infinita e volume zero.

Per capire meglio e di più, nel 1987 al Lawrence Laboratory diedero il via al SCP (Supernova Cosmology Project). Lo scopo era cercare, e trovare, le Supernove di tipo 1A. A Baltimora speravano anche, fra le altre cose, di poter calcolare, studiando il loro comportamento, di quanto l’universo stesse decelerando dopo l’esplosione iniziale.

Si pensava, in quel tempo, che una decelerazione dovesse pur esserci. Essendo tramontata l’idea che esistesse ciò che Einstein chiamò costante cosmologica, una sorta di forza antigravitazionale (che avrebbe dovuto assicurare un universo in equilibrio, senza espansione o contrazione), si credeva che la massa nota dell’universo fosse, comunque, sufficiente a rallentare, se no proprio fermare, il moto d’espansione.

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Motori primi, energia e globalizzazione – Parte 11 – Portacontainers e navi per trasporto gas

di Mario Giardini

nave-cargo-metanieraNel 2013 sono stati movimentati con navi oltre 325 Miliardi di metri cubi (MMc) di gas naturale, prevalentemente metano. Nello stesso anno i consumi italiani sono stati di circa 65 MMc, di cui 5,5 importati via mare, quasi tutti dal Qatar (5,2 MMc). Le navi che trasportano GNL sono molto speciali.

Sono ancora un numero ridotto (un po’ sopra le 300 unità) ma in crescita. Oggi ce ne sono di capacità superiore ai 200 000 m3. Poiché un m3 di gas liquefatto a -163°C corrisponde a circa 621 m3 di gas a pressione e temperatura ambiente, una capacità di 200 000 m3 significa poter trasportare per ogni viaggio oltre 120 Milioni di m3 di gas.

Liquefare il metano è affare serio, costoso, pericoloso e complicatissimo. Un impianto da 10 Milioni di tonnellate anno (15 MMc circa) costa all’incirca 3 miliardi di dollari e richiede intorno ai 350 MW di potenza elettrica per comprimere e raffreddare il gas: una intera centrale elettrica al suo servizio.

Serve poi una flotta di 10 – 15 navi metaniere per il trasporto, ad un costo unitario superiore ai 200 Milioni, cioè un paio di miliardi, tre, abbondanti. Ed infine, nel paese d’approdo deve esserci un ri-gassificatore: un altro miliardo. Totale: 6 – 7 Miliardi.

Le navi metaniere inizialmente erano riconoscibilissime dai grandi serbatori sferici. Erano nate con propulsione a vapore, e si utilizzava lo stesso gas trasportato per alimentare le caldaie produttrici di vapore.

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Tecnologia – Aviazione – Il miracolo del fiume Hudson. Volo US Airways 1549

di Mario Giardini

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“Birds!”. Sono le 15,27 10.4 del 15 gennaio 2009. Un secondo dopo, una serie di colpi e tonfi e vibrazioni viene registrata dal CVR (cockpit voicerecorder) dell’A 320 della US Airways, volo 1549. La voce è quella del comandante Chesley Sullenberger.

L’Airbus è decollato due minuti prima dall’aeroporto La Guardia di New York. Ha per destino Charlotte, North Carolina, e trasporta 150 passeggeri e cinque membri di equipaggio. Si trova ad appena 2818 piedi di altezza (circa 850m) e sta sorvolando il Bronx quando si scontra con un denso stormo di uccelli. La velocità è di soli 214 nodi (400 km/h), bassa perché ancora in salita e appena partiti.

Il sibilo di entrambi i motori decresce immediatamente, fino a quasi spegnersi.Entrambi sono danneggiati. Ed entrambi cessano di produrre la spinta necessaria al volo.

Dodici secondi dopo l’impatto, Sullenberger, che al decollo agiva come secondo ufficiale, riprende i comandi: “My aircraft”. Ordina al suo copilota di consultare il QRH (quick reference handbook) per la procedura da seguire in caso di perdita di spinta in entrambi i motori.

Poi lancia il suo myday: “mayday mayday mayday…this is…Cactus fifteen thirty nine hit birds, we’ve lost thrust in both engines, we’re turning back towards LaGuardia.”

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Motori primi, energia e globalizzazione – Parte 10 – Il Diesel marino, Suezmax, Panamax e affini

di Mario Giardini

petroliereSuezmax, Panamax, Aframax, Handymax, VLCC (very large crude carrier) e ULCC (ultra large crude carrier) sono nomi di classi di navi da trasporto.

In grande numero imbarcano petrolio e materie prime, quali minerali, carbone e granaglie. In qualche modo, i nomi indicano dimensioni e capacità di carico.

Così una Suezmax è una petroliera in grado di navigare attraverso il canale di Suez.

Quindi ha limitazioni di pescaggio, larghezza ed altezza (c’è un ponte sul canale di Suez). Il carico complessivo (dwt, dead weight tonnage, cioè quello utile più lubrificante e carburante necessario alla navigazione) è compreso fra 125.000 e 170.000 tonnellate metriche. Una ULCC va oltre le 350.000 ton. Una Handymax, che in genere trasporta prodotti petroliferi raffinati, è una roba piccola, da 40 – 55 000dwt.

Solo alla fine degli anni ’50 del secolo passato si compresero appieno i vantaggi che offriva il diesel rispetto alla turbina a vapore nel trasporto marino. Il motore diesel costava certamente di più, ma si ripagava nel giro di un paio di anni. Fu così che il diesel a due tempi venne adottato su larga scala, soprattutto per le navi più grandi.

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Motori primi, energia e globalizzazione – Parte 9 – Il motore diesel

 

di Mario Giardini

Diesel RudolpA differenza di Herr Otto, Rudolf Christian Karl Diesel aveva un titolo ed una preparazione scolastica formale, ottenuta presso la Technische Hochschule di Monaco, da dove uscì laureato in ingegneria nel gennaio 1880.

Nato nel 1858, la sua era una famiglia tedesca di emigrati stabilitisi a Parigi otto anni prima, che fabbricava oggetti in cuoio. Lo scopo di tutta la sua vita fu quello di costruire il miglior motore endotermico mai progettato.

Un motore i cui principi di funzionamento gli furono ispirati dalla lettura dei lavori di Sadi Carnot sul funzionamento delle “macchine termiche”. Diesel era spinto, come tutti, dal desiderio di conquistare il successo mondano, l’accettazione sociale, e l’arricchimento.

Ma anche dall’autentico desiderio di realizzare un nuovo meccanismo che diventasse il “motore primo universale”. Da impiegare largamente nell’industria, ed in tutte le attività umane, ma in modo innovativo.

Il motore doveva essere piccolo, di basso costo, facile da usare. Doveva essere usato praticamente da tutti: dentisti, tornitori, massaie. Doveva fornire potenza per macchine da cucire, biciclette, sedie a rotelle, e ai mille e mille impieghi che potevano immaginarsi.

Doveva, in una parola, diventare un elemento che rivoluzionasse anche il concetto di industria, ne facilitasse la decentralizzazione, ne riducesse le dimensioni ciclopiche che andava assumendo, e frenasse la corsa all’urbanizzazione, origine di giganteschi problemi sociali e politici. C’era, nel lavoro di Herr Diesel, un generoso e indubitabile  impegno sociale, raro fra gli inventori dell’epoca.

Diesel non lo sapeva, ma già qualcun altro aveva raggiunto l’obbiettivo da lui perseguito. Un signore di nome Nikola Tesla, che nel 1888 aveva brevettato il primo motore elettrico.

Prima di cimentarsi nella costruzione del suo motore, Diesel procedette, da bravo ingegnere, a gettare le fondamenta teoriche per la nuova macchina. La cosa lo occupò tre anni. Nel 1892 fu pronto a iniziare la costruzione del prototipo.

Era un mono-cilindro destinato inizialmente all’insuccesso, semplicemente perché alcuni dei parametri di progetto erano al di fuori delle possibilità realizzative del tempo. Come la pressione finale nella fase di compressione, fissata intorno alle 240 – 250 atmosfere: nessun materiale e nessun processo di fabbricazione permettevano, in quel tempo, di raggiungere quelle pressioni, e le temperature relative.

Il motore Diesel è un motore endotermico e funziona, grosso modo, come un motore a benzina. Come quest’ultimo, può essere a due o a quattro tempi. Ma, a differenza del motore a ciclo Otto, invece si aspirare e comprimere una miscela di aria e benzina, aspira solo aria. Il carburante viene iniettato nel momento in cui si raggiunge il massimo valore di compressione.

Concettualmente, è un’idea semplicissima. E geniale. I cui vantaggi principali sono sostanzialmente quattro.

Primo: comprimendo solo aria, si superano le limitazioni (gravissime negli anni di fine ‘800) dovute all’uso di una miscela aria-benzina, che detona quando l’aumento di temperatura indotto dalla compressione supera il valore di ignizione della miscela stessa. La detonazione rende irregolare il funzionamento, e talvolta provoca guasti severi.

Secondo: si può, per la stessa ragione, comprimere di più, e quindi aspirare un maggior quantitativo di aria, cioè di ossigeno, per ogni ciclo, a parità di dimensioni dei cilindri. Ciò significa, a parità di ogni altra condizione, poter bruciare più carburante nell’unità di tempo. Cioè, maggiori potenze.

Terzo: posso usare per il funzionamento combustibili più “poveri” delle benzine. Di fatto, si usa l’olio combustibile (gasolio) per motori Diesel.

Questo combustibile, rispetto alle benzine, ha un costo di produzione minore (è un residuo della distillazione del petrolio) ed ha un peso specifico maggiore. Infatti, le benzine pesano intorno ai 710 – 740 gr/litro. Un olio combustibile per diesel sta intorno a 830 g/l.

Poiché l’energia sviluppata all’interno del motore è in funzione della massa, cioè del peso del combustibile bruciato, gli oli per diesel forniscono, a parità di condizioni, circa un 12% in più di energia per ogni kg.

E questo rappresenta il quarto vantaggio: il diesel è intrinsecamente un motore a rendimento termico totale più elevato.

Il primo motore costruito e funzionante vide la luce nel 1897. Da subito si dimostrò un 25% più efficiente del miglior motore a benzina allora disponibile (+ 41% nel 1911).

Non c’è medaglia senza il suo rovescio. Ad una maggiore efficienza corrisponde, come aspetto negativo, il maggiore peso e le maggiori dimensioni. Che sono aspetti visibili anche oggi.

E’ lungo ripercorrere l’affermarsi del Diesel in due settori specifici, quello di generazione di elettricità (il suo primissimo campo di applicazione su larga scala) e quello della propulsione marina.

La prima nave a usare un Diesel per la propulsione fu una piccola petroliera appartenente alla Nobel Petroleum Company, che navigava nel mar Caspio e lungo il Volga. Aveva una potenza di appena 89 kW, ma siccome i diesel dell’epoca non avevano la “retromarcia” (cioè il moto rotatorio dell’albero motore non era reversibile), veniva usato per muovere un generatore di corrente continua, che, a sua volta, muoveva un motore elettrico e, finalmente, le eliche.

Primo esempio in assoluto di propulsione mista diesel-elettrica, ma non unico: oggi sono assai diffuse.

Ma fu il Selandia, varato nel 1911, a inaugurare il Diesel sulle rotte oceaniche delle navi mercantili.

Apparteneva alla società East Asiatic Company, trasportava un carico totale (dwt) intorno alle 6800 tonnellate, e copriva la rotta Scandinavia – Tailandia, via Genova e Canale di Suez. Era propulsa da due motori a 8 cilindri, 4 tempi, da 783 kW (circa 1100 hp), da 140 giri/min, costruiti dalla Burmeister & Wain, licenziatari MAN per la Danimarca.

L’ascesa del diesel per propulsione marina è impressionante. Un anno dopo il varo della Selandia erano già in costruzione navi per un totale di potenza installata pari a 1.720.000 hp, cioè oltre 800 volte la potenza dei sue due motori. Nel 1939, un quarto della marina mercantile mondiale era propulsa da motori diesel.

Rudolf Diesel non ebbe una vita facile. Tormentato sin da giovane da terribili mal di testa, fu un uomo costretto a lottare la vita intera contro la malattia e un mondo che gli si rivelò assai ostile negli anni che seguirono all’invenzione del suo motore. Ebbe a subire molti e gravissimi rovesci commerciali e tecnici.

In nessuno dei mercati principali da lui immaginati si finì per adottare il suo motore. Molto spesso fu attaccato e denigrato sul piano personale. Sull’orlo del fallimento, finì suicida per annegamento nel settembre del 1913, durante una traversata del Canale della Manica a bordo del Dresden.

Molti decenni sarebbero passati prima del definitivo successo del suo motore. Che però è indubitabile.

Delle oltre 100 000 navi commerciali che oggi solcano gli oceani, solo meno del tre per cento sono propulse con turbine a vapore. La quasi totalità del trasporto pesante su terra va a diesel. Una buona parte delle automobili in Europa anche. Quasi tutte le macchine in agricoltura, per il movimento terra e per impieghi gravosi, sono propulse da motori diesel. Poco nota è la ancora larghissima diffusione del diesel nel settore ferroviario.

Le applicazioni “stazionarie” sono innumerevoli. E’ un motore largamente usato negli impianti di generazione di elettricità, dove raggiunge potenze dell’ordine del GW.

Infine, piccoli motori diesel sono disseminati a centinaia di migliaia, o forse milioni, come generatori di elettricità di emergenza.

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Tecnologia – Aviazione – Cento venti chilometri a motori spenti – La storia del volo Air Transat 236

di Mario Giardini

air transat 236 Sono le 4 e 57 ore UTC (Universal Time Coordinated). Il comandante Robert Pliché, 48 anni, ed il suo copilota, Dirk DeJager, 28, stanno per attraversare il 30° meridiano longitudine ovest. Pilotare un grande jet commerciale come l’Airbus A 330 è, nella quasi totalità dei casi, assai meno avventuroso di quanto si creda.

In accordo alle procedure di volo previste a livello internazionale per gli “extended range flights”, i due piloti si accingono a un test di routine (da ripetere ogni 10° di latitudine): quanto carburante c’è a bordo, e confrontarlo con quello previsto in sede di pianificazione del volo.

I dati mostrano, come è normale che sia, un leggero scostamento da quelli teorici. Ma la differenza è irrilevante: 200 kg circa in meno. Irrilevante perché alla partenza si sono imbarcate quasi 48 tonnellate di Jet A1. E si prevede di consumarne meno di 35 per completare il volo da Toronto a Lisbona.

Un minuto prima, alle 4 e 56, il computer di bordo ha iniziato a trasferire circa 300 Kg di combustibile dai serbatoi collocati sul piano orizzontale di coda ai serbatoi alari. Il trasferimento dura due minuti in tutto.  Ed è determinato dal fatto che i calcoli mostrano una quantità di combustibile nei serbatoi alari inferiore, di pochissimo, a quella prevista dalla pianificazione. Un avviso, a fine trasferimento, dovrebbe comparire sull’ECAM (Electronic Centralized Aircraft Monitoring System). L’equipaggio riferirà di non averlo visto.

A bordo del volo Air Transat 236 ci sono 293 passeggeri e 13 membri di equipaggio. E’ il  24 agosto 2001, e l’A330 del comandante Pliché si trova in mezzo all’Atlantico, nel buio di una tranquilla notte d’estate. Equipaggio e passeggeri sono in volo da poco più di quattro ore, essendo il decollo avvenuto alle 00.52 UTC.

Pliché ha 16 800 ore di volo. E’ abilitato per un grande numero di aeroplani, compresi i vetusti e celeberrimi DC3 (primo volo 17 dicembre 1935), DC4, e DC6, il ché testimonia una gran passione per il pilotaggio. E’ in servizio da circa undici ore, ed ha volato sugli A 330 per un totale di 796 ore. Prima di questo volo ha riposato per 62 ore: oltre due giorni e mezzo. Il suo secondo è giovane, ma con 4 800 ore di esperienza, di cui 386 su A 330. L’equipaggio è certamente qualificato per il velivolo ed il tipo di volo.

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Motori primi, energia e globalizzazione – Parte 8 – Esotermia o endotermia? Il motore a vapore e il motore a benzina

di Mario Giardini

mercedes 35Le innovazioni introdotte da Darby e Newcomen ad inizio ‘700, e cioè la produzione di ferro mediante carbon coke, ed il motore a vapore, significarono l’introduzione di una nuova, rivoluzionaria, fonte di energia primaria, il carbone. Fonte destinata a sostituire il legno e ad essere la principale per oltre 250 anni.

La transizione dalle biomasse al carbone fu lenta. Ad inizio ‘800 se ne producevano circa 20 Milioni di tonnellate (Mt). Che diventarono 100 nel 1850 e circa 800 a fine secolo. Approssimativamente il 95% dell’energia consumata dal pianeta nel 1900 veniva dal carbone. Appena 10 – 20 anni prima, nel decennio degli anni ‘880, l’energia da carbone aveva superato il 50% del totale.

Oggi (dato 2013) se ne producono ancora circa 5.800 Mt, e l’uso è confinato soprattutto alla produzione di energia elettrica e a quella dell’acciaio, negli altoforni che usano il carbon coke. Il carbone rappresenta il 30,1 % del totale di energia consumato dal pianeta. Ed è in aumento, causa l’aumento di potenza installata per produrre elettricità e acciaio in India e Cina (e, parzialmente, Brasile).

Il motore a vapore di Newcomen è quello che si definisce un motore eso-termico. Con ciò si intende un ciclo di trasformazione di energia termica in energia meccanica con un sistema che prevede la generazione di vapore in un dispositivo esterno (caldaia) a quello che trasforma l’energia cinetica del vapore in lavoro meccanico.

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Cosmologia – 14 – Siete sicuri di voler campare per sempre? Gli inconvenienti di una vita infinita.

di Mario Giardini

tempo_infinitoI progressi della medicina, della biologia, e di tutte le scienze che si occupano della salute dell’uomo, lassciano sperare che un giorno non lontano, avremo una vita eterna, cioè di durata infinita.

Se  per caso vi si domandasse: vorresti una vita infinita, che risposta dareste?

Secondo me non è del tutto scontato. Perché sorge una domanda: come sarebbe, questa vita infinita? Quali gli aspetti negativi, se ve ne sono? Ecco una breve carrellata di risposte. Tutte col sorriso sulle labbra.

Il riposo. Una vita di infinita durata significa che puoi fare tutto, ma proprio tutto l’immaginabile, perché hai un tempo infinito a disposizione… ma se hai un tempo infinito a disposizione per fare tutto, che fretta c’è? Tanto per incominciare, si potrebbe riposare per un tempo… infinito… e solo dopo incominciare a essere o fare qualcosa.

Inopinatamente, l’eguaglianza: avvisare Carletto Marx che la rivoluzione è obsoleta. Se tu hai un tempo infinito a disposizione, e ce l’hanno tutti, allora quello che tu hai fatto in questo tempo infinito (cioè tutto quanto è possibile fare), anche tutti gli altri lo avranno fatto… in altri termini, saremmo tutti eguali. Perché, come afferma Borges, ogni uomo è il prodotto delle sue circostanze. Ma queste, essendo infinite, sarebbero le stesse, prima o poi, per tutti, perché sono tutte le infinite circostanze possibili. Che gusto ci sarebbe allora, a vivere? Ogni uomo sarebbe tutti gli uomini. E viceversa, tutti gli uomini sarebbero lo stesso uomo.

Hum. Conosci  te stesso… ricordate? Ma come sarebbe possibile, se, per un tempo infinito, non si fa altro che infinite cose? Conoscere se stessi sarebbe, per definizione, un compito dalla durata infinita… cioè un compito che non finisce mai…

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Follie della Politica – 2 – Davide contro Golia, ovvero la guerra delle Falklands

di Mario Giardini

mirage daggerHo trascorso la mia infanzia in Argentina. E, dato che decenni fa, uno dei cardini dell’insegnamento elementare era lo studio della geografia, sono ancora in grado di recitare, a memoria, il nome delle ventidue provincie in cui è suddiviso il paese. Cui si aggiunge la “Capital Federal”, sorta di extra-territorio dove hanno costruito Buenos Aires.

Chiarissima torna, alla mente, la carta geografica. Nella quale, a destra ed un poco in basso, la linea delle acque territoriali passava, e passa tutt’ora, da 12 miglia nautiche a qualche centinaio, per includervi quelle che le maestre insegnavano essere “las Islas Malvinas”. Di fatto, le isole distano un migliaio di chilometri dalla più vicina costa argentina.

Per il resto del mondo, queste isole sono le Falklands. E sono amministrate, come si sa, dalla Gran Bretagna.

In basso, e sulla destra, stava sempre uno spicchio di torta intitolato: “Antartide Argentina”. Territorio sul quale gli argentini hanno delle rivendicazioni, nonostante l’Arntartic Treaty stabilisca, all’articolo 4, che non è possibile “riconoscere, discutere, o stabilire (sull’Antartide ndr) rivendicazioni territoriali… e di non permettere nuove rivendicazioni fino a quando il trattato sarà valido”.

Per molti anni, dunque, sono stato convinto che l’Argentina (all’incirca, due milioni e ottocentomila chilometri quadrati di territorio continentale), trentadue milioni di abitanti (censimento del 92), comprendesse anche le Falklands (dodicimila e rotti chilometri quadrati, la metà del Lazio) e l’Antartide Argentina (oltre un milione di chilometri quadrati).

argentinaSe si consulta un’Enciclopedia per sapere quanti abitanti risiedono alle Falklands, si scopre che fra uomini, donne e bambini, sono all’incirca 1900. Sì, meno di duemila (censimento del 92). Che campano allevando pecore, per lo più. Il dato che si trova  sull’Antartide è riferito alla sua totalità, e si esprime con due numeri. In estate, 4 115. In inverno, 1066. Cittadini di vari paesi, e lingue, accomunati da un interesse comune: sono, per la stragrande maggioranza, scienziati.

Qualche anno sono tornato da Mendoza, la città argentina dove sono cresciuto. Mi è capitato di leggere le cronache di una cerimonia in onore di un pilota di caccia-bombardiere, caduto in una guerra combattuta ai confini del mondo, lontana nello spazio e nel tempo, dimenticata da tutti, ma non dagli argentini: quella, appunto, delle Falklands.

Gli onori venivano resi a un uomo che, vent’anniprima, era il Tenente Hector Ricardo Volponi, pilota di cacciabombardiere della Fuerza Aerea Argentina. Hector Ricardo aveva quasi ventinove anni, quella domenica 23 di maggio 1982, giorno in cui partecipò all’ultima sua missione di quella breve guerra. Volponi s’appressava verso il suo destino, quando incrociò altri compagni che tornavano verso il continente. Fra essi, c’era il suo amico Aguirre.

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Cosmologia – 13 – Lo spazio vuoto è una groviera foruncolosa

di Mario Giardini

04_independence_day_blurayAbbiamo detto che la gravità incurva lo spazio. In realtà, sarebbe più corretto dire che la gravità deforma lo spazio. La gravità è prodotta dalla materia. Materia ed energia sono equivalenti, dunque la conclusione è che l’energia deforma lo spazio. Abbiamo anche detto che il vuoto ha una energia totale non nulla. Dopo aver tolto la materia (quella visibile e quella oscura) e la radiazione, ciò che rimane (per quanto ne sappiamo oggi) è l’energia oscura.

E qui entrano in gioco le unità naturali di Planck. Supponiamo di avere un microscopio ultra-potente, capace di distinguere strutture della dimensione dell’unità di lunghezza di Planck, cioè 10-33 cm. Vedremmo allora le fluttuazioni quantistiche, cioè, volgendo lo sguardo verso qualsiasi direzione, vedremmo lo spazio vuoto agitarsi, tremare, ribollire, ondeggiare, formare bubboni, ciambelle, rigonfiamenti, avvallamenti, buchi, eruzioni. Una groviera foruncolosa, appunto.

Assisteremmo ad una danza indiavolata. Vedremmo un incessante trasmutarsi di energia in materia e viceversa. E’ come se il dio Śiva della filosofia indù, il Dio che ad ogni istante crea e distrugge, danzando fra fuoco materia ed energia, si fosse materializzato dinanzi a noi e facesse il suo spettacolo.

Vedremmo, in sostanza, la danza di tutte le particelle di cui abbiamo parlato fin’ora. Elettroni, positroni, neutrini, quark, fotoni, gravitoni. Tutte le particelle elementari si agitano, si scontrano, si fondono emettendo energia o assorbendone. Ecco spiegato come mai il vuoto ha un’energia totale non nulla. Continua a leggere

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Cosmologia – 12 – Le stranezze del mondo subatomico

di Mario Giardini

Einstein_Dio-non-gioca-a-dadi-con-luniversoNils Bohr diceva che chi non è sconvolto dalla teoria quantistica, non l’ha capita. In effetti, il mondo subatomico è strano. Abbiamo detto dei quark, che sono di sei tipi diversi. Ma solo due tipi, l’up e il down, formano composti stabili. Gli altri possono essere creati, e combinati in laboratorio, ma vivono una vita effimera: miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi di secondo. A tutti i fini pratici, sembrano superflui. Vanno e vengono. Se non ci fossero, le leggi naturali sarebbero sempre le medesime.

Il neutrone esiste ed è stabile solo se inserito nel nucleo di un atomo. Da solo, decade dopo una decina di minuti. Il protone, invece, sembra eterno: vive assai più a lungo dell’età attuale dell’universo (14 miliardi di anni circa). Sono solo esempi. Che senso ha tutto ciò? E perché è così? Nessuno lo sa. Finora.

Più in generale, i principi che regolano tale mondo sono ancora più strani.

Il primo principio quantico dice che tutti i parametri che usiamo nella vita normale per descrivere il mondo macroscopico che ci circonda (velocità, energia, posizione, tempo) sono, a livello subatomico, indeterminati. E presentano variazioni casuali.

Per esempio, anche una cosa semplice, cioè definire dove si trovi esattamente l’elettrone di un atomo di idrogeno in un dato istante, mentre percorre la sua orbita intorno al nucleo, è impossibile. Tutto ciò che possiamo fare è costruire una funzione di probabilità. Principio di indeterminazione, Heisenberg, 1927.

Il secondo principio afferma che tutte le particelle materiali ed i campi di forza sono quanti , cioè pacchetti, di energia indivisibile ulteriormente. E che tutte le particelle si possono comportare come corpi, in taluni casi; come se fossero onde, in altri.

Detto grossolanamente: una volta come palle di biliardo indeformabili; un’altra come un’onda luminosa (cioè qualcosa priva di massa e che si propaga alla velocità della luce). Tanto è vero che esiste un’equazione, l’equazione di Schrödinger, che definisce esattamente il comportamento ondulatorio (non relativistico) della materia.

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