Cosmologia – 11 – L’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo

di Mario Giardini

dark matter dark energyLe migliori misure sperimentali oggi disponibili dicono che l’universo è costituito da quattro ingredienti fondamentali. Per una piccolissima parte (4% circa) da materia (pianeti, stelle, gas interstellare) e radiazione (luce, onde elettromagnetiche). Esse sono equivalenti secondo la teoria della relatività, essendo tutte forme diverse dell’energia.

La materia è energia secondo una formula celeberrima: E = mc². La radiazione, vale a dire un’onda elettromagnetica, ha un contenuto energetico pari a quella della somma dei fotoni che la compongono, ed è calcolabile a partire dalla formula E= hν. Dove E risulta essere l’energia di un fotone, pari alla costante di Planck (h) moltiplicata per la frequenza ν, da cui si deriva, con un calcolo non complesso, l’energia complessiva della radiazione.

C’è poi un 21% fatto da una materia che non si vede: per questa eccellente ragione essa viene detta materia oscura (dark matter). Il resto, cioè un 75%, è fatto di una “sostanza” nota sotto il nome di dark Energy”, cioè energia oscura. Di cui si ebbe certezza sperimentale solo nel 1998.

Tutto ciò costituisce, semplicemente, una rivoluzione nel nostro modo di pensare l’universo. Fino a tutti gli anni ’70 il modello prevalente era quello di Einstein – De Sitter (depurato della costante cosmologica λ, introdotta  nelle equazioni– e poi tolta –  al fine di renderlo stazionario).

Facciamo adesso un piccolo esercizio mentale: togliamo dall’universo la materia visibile, quella oscura e le radiazioni, cioè i fotoni. Cosa rimane? Lo spazio. Che però è vuoto, no? L’abbiamo appena svuotato. Infatti, in linguaggio corrente, diciamo che il vuoto è uno spazio che non contiene materia. Ma se rileggiamo quanto scritto sopra, in realtà il vuoto che abbiamo ottenuto non è “vuoto” nel senso corrente del termine, perché è rimasta dell’energia. L’energia oscura.

Ma poiché l’energia è equivalente alla materia (Einstein docet), ne consegue che il vuoto, dopo essere stato svuotato di tutta la materia, ne contiene ancora. Contraddittorio, nevvero? Insomma, ci stiamo incartando?

No. Vediamo di spiegare perché. Nel 1998 si ebbe la conferma sperimentale dell’esistenza dell’energia oscura. Due teams di ricerca, indipendentemente l’uno dall’altro, provarono che le galassie più lontane da noi, che si allontanano a velocità molto alte (decine di migliaia di chilometri al secondo), stanno accelerando. Cioè l’universo si espande a velocità crescente.

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Cosmologia – 10 – L’universo è ciclico come affermavano gli Stoici?

di Mario Giardini

universo ciclicoLa costante cosmologica Λ fu introdotta da Einstein per ottenere dalle sue equazioni un universo in accordo con le osservazioni del tempo (1917) che mostravano un universo (in realtà, la piccola frazione d’esso che si osservava, la Via Lattea) statico. Sappiamo che la cosa è errata perché Hubble dimostrò  sperimentalmente che l’universo si espandeva.

Nel 1998, a seguito della scoperta che le galassie più lontane stavano accelerando, e alla conseguente introduzione del concetto di dark energy, si tentò la prima misurazione della costante. Si trovò un valore ridicolmente basso: 10 alla meno 120. Cioè zero virgola 119 zeri e poi uno. In pratica, quasi zero.

Perché? Una spiegazione viene dal principio antropico. Esso afferma che il valore della costante cosmologica è diverso da punto a punto nell’universo. E, nel pezzo che noi abitiamo, ha il valore “giusto” che ha permesso all’universo lo sviluppo che ha consentito la vita biologica. Cioè, un valore di Λ che ha consentito di avere il tempo (miliardi di anni) per il formarsi delle galassie, e per avviare la nucleosintesi, cioè la formazione, nel nucleo delle stelle, di elementi più pensanti dell’idrogeno e dell’elio, che costituivano la gran parte del residuo del big bang. Continua a leggere

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Common Sense – 3 – Le insensatezze quotidiane sul terrorismo islamico

di Mario Giardini

Bruxelles“Non serve fargli la guerra”

Se qualcuno vuole ammazzarti, o lo affronti, o scappi. Se scappi, devi augurarti di non essere raggiunto. Perché sennò, hai lo stesso problema di prima. Se dopo essere scappato, ed essere stato raggiunto, lo affronti, l’unica possibilità di cavartela è di usare, con tutti i mezzi a tua disposizione, una forza maggiore di quella che può usare lui contro di te. Non la vuoi chiamare guerra? Chiamiamola Luigino. Ma si faccia in modo di spegnere l’incendio prima che diventi impossibile.

“Contro un nemico invisibile non serve la violenza”

Ammesso e non concesso che sia un nemico invisibile (per me è solo un nemico nascosto), non per questo puoi rinunciare alla forza, quando è necessaria.

“Va combattuto con la Cultura (copyright Renzi)”

Trovo difficile pensare che uno che sgozza, rapisce donne riducendole schiave, consegna una pistola a un ragazzino di 10 anni per sparare alla testa di una “spia”, addestra i propri figli all’odio, venga convertito alla convivenza pacifica semplicemente acculturandolo. Ce lo vedete uno di questi incappucciati chino su Dante o alle prese con la teoria quantistica? Ci vuole una buona dose di imbecillità, o di disonestà intellettuale per crederci. Ma anche ammesso di vincere la battaglia della cultura, quanti lustri ci vorranno? La guerra che ci hanno dichiarato è qui, ora, e fa morti, feriti, e mutilati continuamente. Ma per favore, piantatela con le cazzate.

“Il problema non è l’Islam, molti di questi che hanno agito in Europa sono nati in Europa. Serve più integrazione”

Il fatto che molti di questi attentatori siano nati in Europa, e siano la terza generazione di islamici insediati da noi, dimostra solo il fallimento dell’integrazione. Si può farla funzionare? E come? Rinunciando ancora più marcatamente a tutto quello che siamo, culturalmente, filosoficamente, giuridicamente? Ci sono delle culture che, semplicemente, sono immiscibili. Quella occidentale odierna e quella islamica odierna lo sono certamente. Ma il politicamente corretto vieta di prenderne atto e di agire di conseguenza.

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Cosmologia – 9 – A cosa serve, la cosmologia?

di Mario Giardini

NIFCi si può chiedere: ma lo studio della cosmologia ha qualche ricaduta pratica sulla vita di ogni giorno? O sono soldi e tempo sprecati? Come tutte le discipline altamente teoriche, è difficile rispondere alla domanda. In particolare, se chi la fa ritiene che il sapere, privo di applicazioni pratiche che migliorino la vita dell’umanità, è accademia priva di valore.

Una delle branche più riuscite della cosmologia è quella che si occupa del meccanismo di formazione delle stelle. La vita sul nostro pianeta non sarebbe mai sorta in assenza delle stelle. Ma di questo parleremo in un altro articolo.

Molti esperimenti vengono condotti sulla terra ispirandosi al meccanismo di cui sopra. Un consiglio, però: non provate a ripeterlo nel garage di casa. In che cosa consiste? Seguire le istruzioni (sembra un piatto da cucinare a Pasqua):

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Parte 7: Potenze, efficienza e dimensioni dei motori

 

Corliss 1L’America celebrò il centenario della dichiarazione di indipendenza con una esposizione universale che si tenne a Filadelfia dal 10 maggio al 10 novembre 1876. E che fu visitata da quasi 10 milioni di persone.

L’attrattiva principale si rivelò un esemplare gigante di motore a vapore del tipo Corliss, che fornì l’energia meccanica necessaria all’intera manifestazione. Un motore stupefacente: due cilindri contrapposti di circa 1 m di diametro e tre metri di corsa. Un volano da oltre nove metri di diametro, necessario ad assicurare la costanza del regime rotatorio. Un “mostro” che pesava 600 tonnellate e forniva una potenza pari a 1400 hp.

In pratica, occorrevano circa 360 Kg di materiale per fornire un hp. Oggi, il motore da 100 hp montato su una utilitaria pesa non più di una settantina di kg. Dunque bastano 700 grammi di materiale per ogni HP. Espresso in gr/W, si è passati da in poco più di un secolo da 482gr/W a 0.94 gr/W. Una riduzione di peso di 520 volte.

A sua volta il motore di Corliss aveva ridotto, rispetto al motore di Watt, di circa due volte il peso per ogni unità di potenza sviluppata.

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Cosmologia – 8 – Cosmologia, teoria quantistica, etica e religione

di Mario Giardini

FeynmanCome la Cosmologia influenza la vita degli esseri umani

Nota: prima di continuare il nostro racconto sulle scoperte cosmologiche del ‘900, fermiamoci a fare qualche considerazione sull’impatto che le nuove conoscenze hanno, o dovrebbero avere, sulla nostra visione della vita.

Richard Feynman (nella foto) è stato uno dei più grandi fisici del secolo scorso. Premio Nobel nel 1965, fu un talento precocissimo e autodidatta in matematica. Era anche un uomo spiritoso.

Nel suo libro sulla QED, l’elettrodinamica quantistica (La strana teoria della luce e della materia, Adelphi, 1989) scriveva (riassumo il senso): “Sto per parlare di una cosa che non capirete. Tranquilli, non mettete via il libro: non la capiscono neppure i miei studenti. E la ragione principale è che non la capisco neanch’io. Siccome noi fisici abbiamo imparato a convivere con questa situazione, potete farlo anche voi. Il mondo subatomico è strano, e le teorie che lo rappresentano non possono essere meno strane. Tuttavia, il problema non è decidere se una teoria è bella, filosoficamente parlando, o facile da capire, o ragionevole. Il problema è vedere se fa predizioni in accordo con i risultati sperimentali.”

Dopodiché, spiegava cose intricate (l’analisi probabilistica della QED) senza, apparentemente, far nulla per renderle più comprensibili. Poi, però, forniva un esempio: supponendo di applicare tutto l’ambaradam quantistico alla misura della distanza tra Los Angeles e Nuova York (un po’ meno di 4000 Km), il calcolo teorico e la misura sperimentale certamente fornirebbero due valori distinti. Ma l’errore sarebbe inferiore allo spessore di un capello umano. In altri termini: teoria ed esperimento (quantistico) collimano fino alla decima cifra decimale.

Che Feynman capisse benissimo ciò di cui parlava è del tutto ovvio. Ma il messaggio è che la QED può anche essere incomprensibile ai più, o perfino sgradevole, ma se rappresenta la realtà con impressionante precisione, non si può ignorarla solo perché non la si capisce o descrive un mondo repellente ai nostri sensi.

La cosmologia moderna raccoglie, infatti, sempre più indizi sulla possibile esistenza di una infinità di universi. La “creazione”, cioè il big bang, potrebbe non essere un evento unico e irripetibile, ma cosa ordinaria che si ripete costantemente in qualche punto del multi-verso, dando luogo ad un nuovo universo, che risponde a leggi fisiche diverse dalle nostre. Continua a leggere

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Cosmologia – 7 – Occam e il multiverso

di Mario Giardini

multiversoIl big bang avvenne circa 14 miliardi di anni fa. L’universo osservabile è il cosiddetto volume di Hubble, una sfera, con centro nella Terra, di circa 42 miliardi di anni luce di raggio (la distanza è maggiore di 14 miliardi di anni luce a causa dal processo inflattivo di Guth, di cui parleremo in un altro articolo). Vediamo fino ad una distanza pari a metri 4 per 10 alla 26ma potenza. Questo è il nostro orizzonte cosmico. Cioè il nostro universo. Tutto chiaro, no? Beh, insomma… questo è ciò che “vediamo”. Ma quel che vediamo è “tutto”? Cioè, in altri termini: non è che oltre l’orizzonte cosmico c’è dell’altro?

Una prima ipotesi, fondata su dati sperimentali (uniformità della distribuzione di materia su larga scala), è che sì, c’è dell’altro: altri “universi”, cioè altre bolle di Hubble che, semplicemente, non vediamo. Se ammettessimo l’esistenza di uno spazio infinito, o sufficientemente grande, tutto ciò che può accadere prima o poi… accadrà. Ne deriva che esisterebbe un numero immenso o infinito di altri universi governati dalle stesse leggi fisiche. Se sono infiniti, o un numero sufficientemente grande, la conclusione è che, da qualche parte, esiste una “replica” identica del nostro universo. L’insieme di questi universi “paralleli” costituisce il “multiverso”. 

Non occorre ipotizzare niente altro che un universo infinito per arrivare al multiverso. Ma ci si può arrivare anche per altre strade. Alcuni dati raccolti dal satellite WMAP confermano che l’universo è o molto grande o infinito. La sua geometria sembrerebbe (non c’è ancora certezza) quasi piatta. La distribuzione di materia, su scale ampie, è uniforme. Infine, le fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo (CBR), residuo del grande botto da cui originò tutto, suggeriscono che il big bang deve aver generato tutte le possibili configurazioni di materia aventi probabilità non nulle.

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Cosmologia – 6 – Che forma ha, quanto è grande e quanto vecchio è l’Universo?

di Mario Giardini

metrica robertsonPremessa: Questo articolo è leggermente più tecnico dei precedenti. Ma come vedremo, i concetti sono piuttosto semplici da capire.

Studiare un universo non statico ma in espansione significa, in sostanza, costruire un “modello” (matematico) che lo rappresenti, ne descriva lo stato attuale in accordo con i dati sperimentali disponibili e dia conto anche della sua evoluzione nel tempo.

Appare evidente che affinché si possa costruire tale modello, le leggi fisiche che abbiamo scoperto essere valide sulla terra devono potersi applicare all’intero universo. E, naturalmente, non devono mutare nel tempo, altrimenti non sarebbe possibile descrivere l’evoluzione dell’universo. Infine, essendo l’Universo per definizione tutto ciò che esiste, il modello diventa una “teoria del tutto”, nel senso che deve descrivere tutti i fenomeni noti, e non deve permettere che accadano eventi non rilevati sperimentalmente. Quest’ultima precisazione sembra pleonastica ma non è. Lo vedremo in seguito.

La teoria generale della relatività contiene equazioni che affermano l’eguaglianza fra la geometria dello spazio-tempo e la quantità totale di materia-energia dell’universo. Dunque sembrerebbe facile: si misura quest’ultima quantità, e poi si trova una geometria che sia consistente con essa. Col cavolo. Diamo un’occhiata prima al problema geometrico. Qualche dettaglio “tecnico” risulta indispensabile. Si parte dalla geometria detta di Minkowski (statica), resa dinamica da un fattore dipendente dal tempo, che viene chiamato fattore di scala (R(t)). Se il fattore di scala dipendesse in modo lineare dal tempo, allora avremmo una formula semplice per esso: costante x tempo.

Che significa? Significa che se due galassie distano x in un dato istante , in un istante successivo la loro distanza è aumentata di una quantità pari al tempo trascorso moltiplicato per il valore del fattore di scala.  Vediamo subito che anche se l’universo fosse infinito, esso continuerebbe ad espandersi. E questa non è una conclusione banale.

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Motori primi, energia e globalizzazione – 6 – Rivoluzione industriale e crisi ambientale di inizio ‘700 – Newcomen e il motore a vapore

Motore Newcomen 1di Mario Giardini

Una delle più grandi invenzioni nella storia dell’umanità fu realizzata nel 1712 da Thomas Newcomen e dal suo socio e aiutante John Calley. Iron–monger di professione (artigiano del ferro), Newcomen costruì il primo motore a vapore funzionante, sia pure con un certo grado di irregolarità. E, soprattutto, trovò il modo di utilizzarlo nella pratica.

Newcomen riuscì dove molti prima di lui erano falliti, Papin e Savery fra tutti, le cui idee però gli fecero da guida.

Il primo motore ad essere costruito era detto atmosferico, perché il cilindro saliva sospinto dal vapore prodotto nella caldaia portata alla ebollizione dal carbone che bruciava nel forno sottostante.

Raggiunto il punto più alto, si iniettava dell’acqua per condensare il vapore, diminuendone volume e pressione e creando quello che impropriamente si definiva “vuoto”. Il pistone scendeva in basso al punto di partenza, spinto dalla pressione atmosferica sovrastante. Il lavoro veniva compiuto nel moto di discesa. Poi il ciclo ricominciava.

Un bilanciere (soluzione ancora oggi usata nei pozzi di produzione del petrolio) assicurava la trasmissione del moto alternativo ad un “carico”. Per esempio, al pistone di una pompa d’acqua.

Proprio perché il lavoro lo compiva la pressione atmosferica, l’unico modo, per decenni, di ottenere potenze più alte fu quello di aumentare le dimensioni del motore. Fino a che, con la disponibilità di ferro di migliori caratteristiche, e della capacità di lavorarlo e forgiarlo con maggiore precisione, fu possibile costruire caldaie dove la pressione del vapore era più alta (fine ‘700 e inizio ‘800).

Il motore di Newcomen era spaventosamente inefficiente e di dimensioni e peso proibitive: in pratica, aveva la struttura fisica ed era più grosso di una normale casa di abitazione dell’epoca. Adatto dunque solo per applicazioni cosiddette stazionarie. Il numero dei cicli al minuto era intorno ai 10 – 12. La potenza forse qualche kW. Il rendimento termico, cioè la frazione di energia trasformata in lavoro meccanico, un miserrimo 0,5% del totale. Continua a leggere

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Cosmologia – 5 – L’universo si espande: ecco come nacque l’idea del big bang

di Mario Giardini

bigbangEdwin Hubble ebbe a scrivere: “la storia della astronomia è la storia di orizzonti che si allontanano”

Penso che sia davvero così. Per millenni, l’universo è stato, per l’uomo, ciò che i suoi occhi consentivano di vedere. Cioè la Via Lattea. Per millenni, l’uomo ha costruito le sue idee su che cosa fosse, e perché fosse, l’universo, in base a questa limitatissima conoscenza. Dovrebbe far riflettere il fatto che filosofie ancor oggi seguite sono state costruite sulla base di una ignoranza quasi assoluta del “mondo esterno”. Comprese, fra queste, quelle speciali credenze che vanno sotto il nome di “religioni”.

Una delle scoperte fondamentali del XX secolo è che l’universo si espande. L’altra, come conseguenza, è che ha avuto un inizio (il big bang o qualsiasi cosa possa essere in futuro pensata in sostituzione). Se ripensiamo alla rappresentazione tolemaica “dei cieli”, dove tutto è immutabile, il cambiamento è vertiginoso.

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Cosmologia – 4 – L’esistenza dell’umanità è il fine dell’Universo? Il principio antropico

di Mario Giardini

principio antropico 2Nessuno potrà mai riprodurre in laboratorio la nascita del nostro universo, e vivere abbastanza a lungo (almeno 14 miliardi di anni), per studiarne sperimentalmente l’evoluzione e raccontarci come andarono le cose. Quindi i cosmologi sono destinati a chiudere bottega subito e a cercarsi un altro mestiere? Non proprio. Intanto, possiamo chiederci: com’è fatto l’universo che vediamo, cioè quali sono le leggi che lo governano? Come è arrivato a questo stato, ammettendo per ipotesi che le leggi che lo governano siano sempre quelle, sin dall’inizio del tempo?

E, sopratutto, c’è stato, un inizio?

Supponiamo di sì, che ci sia stato, e immaginiamo di andare a ritroso nel tempo. Se oggi l’universo ha le dimensioni che, ed è in espansione, andare a ritroso nel significa vedere che l’universo rimpicciolisce. Dovremmo in qualche momento arrivare al punto più prossimo all’inizio. Vicinissimi, ma non proprio al punto zero. Poi spiegheremo perché. Intanto, accontentiamoci di fare una domanda: com’è l’universo in questo istante infinitamente prossimo all’inizio? Dobbiamo supporre che le leggi fisiche, chimiche e biologiche, che valgono oggi, valessero anche allora.

Questo significa che alcune costanti universali (G gravitazione universale, c velocità della luce, h costante di Planck, massa dell’elettrone, ecc.) dovevano far parte delle condizioni iniziali.

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Cosmologia – 3 – Le equazioni di Einstein e l’espansione dell’Universo

di Mario Giardini

einsteinPrima di occuparci di Big Bang, universi inflazionari, multiversi, materia oscura, ecc, diamo una occhiata agli albori della cosmologia. Nel 1916 Einstein pubblicò la cosiddetta Teoria Generale della Relatività. Essa completava il lavoro pubblicato nel 1905, includendo una teoria generale della gravitazione. Pur non eccellendo in matematica, Einstein non la temeva. Le sue equazioni eleganti parevano possedere proprietà che avrebbero permesso di rispondere ad antiche domande sull’universo.

In particolare, le sue equazioni dimostravano che lo spazio-tempo non è piano, ma curvo. E la curvatura è provocata, ed è proporzionale, alla quantità di materia. O, più precisamente, in ciascun punto dipende dalla densità di materia presente in quel punto.

Il fatto che materia (ed energia) curvassero lo spazio-tempo permetteva di sperare in una geometria “chiusa”. Ciò significava, in sostanza, evitare l’idea (che non piaceva affatto ad Einstein e a moltissimi fisici suoi contemporanei) di un universo di dimensioni infinite. Era sufficiente, pensava Einstein, riempirlo della “giusta” quantità di energia e di massa  per “piegare” l’universo fino a farlo diventare una sfera perfetta, finita, omogenea ed isotropa.

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