di Mario Giardini
Ci si può chiedere: ma lo studio della cosmologia ha qualche ricaduta pratica sulla vita di ogni giorno? O sono soldi e tempo sprecati? Come tutte le discipline altamente teoriche, è difficile rispondere alla domanda. In particolare, se chi la fa ritiene che il sapere, privo di applicazioni pratiche che migliorino la vita dell’umanità, è accademia priva di valore.
Una delle branche più riuscite della cosmologia è quella che si occupa del meccanismo di formazione delle stelle. La vita sul nostro pianeta non sarebbe mai sorta in assenza delle stelle. Ma di questo parleremo in un altro articolo.
Molti esperimenti vengono condotti sulla terra ispirandosi al meccanismo di cui sopra. Un consiglio, però: non provate a ripeterlo nel garage di casa. In che cosa consiste? Seguire le istruzioni (sembra un piatto da cucinare a Pasqua):
1. Prendete una pallina di plastica cava di due millimetri di diametro. Riempitela con non più di 150 microgrammi di deuterio e trizio, che sono, come tutti sanno, gli isotopi dell’idrogeno. Se non li trovate da Panorama, telefonate al CERN di Ginevra, e dite che siete amici miei.
2. Agitate energicamente la capsulina in modo da mescolare per bene il deuterio ed il trizio.
3. Fatevi prestare un laser da qualche amico. Oddio, sarà un po’ ingombrante: più o meno come tre Maracanà. Perché? Perché deve essere in grado di generare, per un tempo pari ad almeno 20 miliardesimi di secondo, una potenza di 500 000 miliardi di watt. Sì. Proprio cinquecentomila miliardi di watt: l’equivalente di cinque milioni di milioni di lampadine da 100 w.
4. Puntate il laser sulla vostra pallina di plastica, e premete il grilletto.
5. Aspettate dieci miliardesimi di secondo (è un piatto veloce, a patto di non dover spostare il laser).
Risultato? Avete appena finito di cucinarvi in casa una stella. Nome suggerito? Home made star.
Infatti, deuterio e trizio vengono compressi dal vostro laser ad una densità oltre 100 volte superiore a quella del piombo. La temperatura raggiunge e supera i cento milioni di gradi centigradi. Molto di più di quella che esiste al centro del Sole. Queste condizioni sono proprio quelle che si richiedono per iniziare una fusione nucleare. Sono le condizioni per ottenere la cosiddetta ignition. Il processo dal quale ha origine l’energia prodotta dalle stelle. Durante questo breve lasso di tempo, la vostra stella casareccia si comporterà come una stella vera, cioè produrrà una quantità di energia con il meccanismo stellare (fusione nucleare) e la irradierà tutto intorno. Una energia che sarà da 10 a 100 volte l’energia che avete speso per “cucinarla”. Non male, come return on investment.
Capisco che possiate scegliere un altro piatto, magari più lungo da cucinare, però meno impegnativo. E meno costoso: la bolletta dell’elettricità sarebbe da infarto.
Questo però è il piatto che stanno cercando di cucinare quelli del NIF, National Ignition Facility. Uno dei cinque direttorati del Lawrence Livermore National Lab californiano.
Il NIF (il nome completo è NIF & Photon Science Principal Directorate) ha costruito il più grosso complesso laser del mondo: 192 fasci laser che vengono amplificati e concentrati su un bersaglio della dimensione di una palla da baseball. Lo scopo è appunto quello detto sopra. Ricreare sulla Terra il processo stellare di fusione nucleare. E farlo in maniera che sia energeticamente conveniente: cioè spendere meno energia per “accendere” la stella di quanta se ne ricaverà dal suo “funzionamento”.
La costruzione del NIF è stata ultimata nel 2009. Un progetto durato molti anni e che, si dice, sia costato qualcosa come tre miliardi e mezzo di dollari. Da allora, sono iniziate una serie programmata di esperimenti veri e propri che dovrebbero portare alla “ignition”.
Certo si tratta solo dei primi passi nella direzione di avere a disposizione una fonte di energia praticamente illimitata: deuterio e trizio sono elementi abbondanti, sulla terra. Due passi, sì, ma fondamentali. Seguiranno altri, non meno importanti.
Uno deve rispondere alla domanda: come sfruttare l’energia prodotta? Perché non è che si possa costruire una “pentola” materiale per contenere un “brodo” che a volte può raggiungere 300 milioni di gradi.
Quindi controllare il processo, renderlo continuo, estrarre il calore e trasformarlo in energia elettrica, per esempio, costituiranno gli altri passi necessari da dare in futuro.
Ci sono due aspetti ancora da considerare. Il primo è che il NIF permetterà di studiare da vicino, per la prima volta, ciò che avviene dentro una bomba H quando la si fa esplodere. Quindi ci sono ovvi ed importanti aspetti militari collegati. Infatti, c’è un programma che va sotto il nome di Stockpile Stewardship. E’ correlato allo START e al bando degli esperimenti nucleari. Ne riparleremo.
Il secondo è prettamente scientifico. Gli studi sul big bang hanno mostrato che, a parte l’idrogeno, l’elio e piccole quantità di litio (formatisi nei primi minuti di esistenza dell’universo), tutti gli altri elementi naturali (92) si sono formati all’interno delle stelle. E sono finiti in giro per l’universo quando esse, invecchiate a sufficienza, esplodevano.
Avere in laboratorio la possibilità di “produrre” una stella permetterà di studiare meglio i molti e complessi processi che hanno portato l’universo ad essere quello che oggi osserviamo. E che studiamo con la cosmologia.
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