Mitologia contemporanea – 3 – Come nacque il mito di Roswell (parte II)

di Mario Giardini

 

roswell bookRoswell, Atto II. Baton Rouge (Louisiana), 21 febbraio 1978. Stanton Friedman ama presentarsi al suo pubblico come un fisico nucleare, progettista di razzi a fusione e generatori nucleari per applicazioni spaziali. In realtà, da oltre trent’anni si guadagna il pane e il companatico scrivendo, facendo ricerche, e dando conferenze a pagamento.

Il suo argomento preferito? Gli UFO. E’ a Baton Rouge appunto per una lecture a pagamento. Riceve una chiamata telefonica da un tizio che si presenta come Jesse Marcel. Costui afferma di avere, in passato, recuperato i resti di una “crashed spaceship”, cioè di un’astronave precipitata sulla terra.

Friedman lo incontra, fa qualche domanda e non cava un ragno dal buco. Motivo: Jesse Marcel è malato, è solo l’ombra di un uomo. Non ricorda né il mese né l’anno del fatto. Il suo racconto è confuso, privo di dettagli credibili.

Friedman pensa di aver perso il suo tempo fino a che, tre anni dopo, un altro ricercatore, tale William Moore, rimette in circolo la storia di Roswell così come venne riportata all’epoca dai giornali.

A questo punto, Friedman fiuta il business, e ci si butta a pesce. Scrive un libro, Crash at Corona, che dà il via ad un’autentica valanga mediatica. Seguono una infinità di articoli, libri, inchieste, film, dibattiti tv, conferenze: una marea di parole, sospetti, accuse d’insabbiamento. Ad ogni tornata, la marea sale, porta a galla dettagli sempre più nuovi, e sempre più eclatanti.

E’ un moto che si autoalimenta, e che nessuno sembra voler fermare. Anche perché genera soldi in quantità.

Nasce il mito di una nave spaziale aliena precipitata a Roswell, nel lontano 1947. Si inventano aree segrete, mai esistite all’interno della base aerea, dove sarebbero stati custoditi i resti dell’astronave e del suo equipaggio.

Com’è ovvio, i testimoni spuntano come funghi. Se ne contano a centinaia. Una lista smisurata, composta per lo più da strambi individui, assai più degni di affollare i manicomi del paese che le pagine di un libro.

E che raccontano puttanate cosmiche, riportate dai media senza il minimo spirito critico. Quando qualche volenteroso dimostra che il racconto di un testimone è, semplicemente, falso, esso viene sostituito lestamente con un altro, fino alla prossima dimostrazione di falsità.

Insomma, è una storia raccontata da spettatori, o presunti tali, di fatti che, vagliati col dovuto rigore, si riveleranno sempre pura invenzione, oppure che saranno modificati nel tempo a mano a mano che alle narrazioni originali venivano opposti seri, e documentati, commenti negativi. O sui fatti medesimi, o sui protagonisti.

Un caso per tutti: Jim Ragsdale. E’ un eccellente esempio. Fa la sua comparsa come testimone nel libro di Randle e Schmiitt  The Truth about the UFO Crash at Roswell (1994).

Jim, quando non è sbronzo, di mestiere fa il camionista. Racconta di una notte passata in compagnia della sua girl-friend, Trudy Truelove (Trudy Veroamore, un nome che, ne converrete, è un intero programma ed anche una chiara patente di attendibilità).

Jim e Trudy sono soli, al chiaro di luna, piacevolmente nudi, bevono birra e, di tanto in tanto, se la spassano sul pianale di un pick-up con certo tipo di ginnastica orizzontale che è meglio se fatta in due.

In seguito, il pick-up diventerà una jeep: dettagli. E’ notte, undici e mezza.

Roswell 1Combinazione, un oggetto volante non identificato passa sulle loro teste, e precipita ad un miglio di distanza.

I due sono nel mezzo al deserto del New Mexico, che è uno Stato più grande dell’Italia, ma con una popolazione di poche centinaia di migliaia di abitanti: praticamente un posto vuoto, in quel 1947. Lo è tutt’ora. Ma, evidentemente, nonostante cerchino il classico ago nel pagliaio, Jim e Trudy sono stati prescelti dagli dèi e diventeranno gli eroi di questa storia avvincente.

Jim e Trudy si rivestono. Camminano alla luce di una torcia le cui batterie (suspense!, ndr) sono quasi scariche. Raggiungono il crinale di una collina. Lì, racconteranno, c’era un’astronave infilata nel terreno. La torcia, malauguratamente, ma molto cinematograficamente, si spegne. Buio pesto.

Notare bene questo dettaglio: essi sono a poche miglia da un centro abitato. Guidando il pick up, in qualche minuto potrebbero arrivarci, chiedere soccorsi, tornare indietro accompagnati dalla polizia, vigili del fuoco e Croce rossa, Guardia nazionale e Guardia medica. E, all’occorrenza, perfino dall’Esercito della Salvezza, hai visto mai servisse pure lui.

Invece no. Lì, proprio di fronte ai loro occhi, c’è un’astronave infilata nel terreno. La più grande scoperta di ogni tempo.

E loro cosa fanno? Decidono di tornarsene sulla jeep. E di dormirci su! Da non credere. Eppure,  detto, fatto.

All’alba, sono di nuovo nei pressi del veicolo precipitato. Intorno, racconteranno, ci sono dei corpi, o qualcosa di simile. Non capiscono, Jim e Trudy, se sono vivi o morti. Ma non si preoccupano. E non si chiedono se costoro hanno bisogno di aiuto oppure no. Richiesto di fornire particolari sui corpi, Jim dice di non potere, perché gli ha dato solo “un’occhiata”.

Cosa fanno dunque, i nostri due eroi? Beh, quello che chiunque, nelle stesse circostanze, avrebbe fatto, no? Invece di correre a dare la notizia, rubano un po’ dei rottami dell’astronave.

Ma proprio mentre li stanno caricando sul pick-up arrivano i cattivi che più cattivi non si può. G-Men e Polizia militare. Jim si spaventa, pover’uomo, e nasconde la sua pick-up in mezzo agli alberi. Convenientemente al riparo, vedrà i soldati stabilire un perimetro di difesa e montarvi la guardia con i fucili spianati. Corpi, rottami, materiali, tutto viene recuperato dai soldati, che ripuliscono l’intera area, eliminando ogni traccia dell’incidente. Compresa la buca fatta dall’astronave nel punto di impatto, che verrà riempita di terra (a mano? ndr.). Poi vanno via.

Prove fatte scomparire per sempre: il delitto perfetto.

Al povero Jim non rimane che tornarsene, mesto mesto, con Trudy Veroamore, a casa. Questa, notate, è solo la sua prima versione.

In seguito, il nostro Jim la cambierà, e non di poco. Dirà che no, non fu, la sua, una rapida occhiata agli alieni. Egli si avvicinò e cercò di strappare loro i caschi (!). Dirà anche di essersi impossessato di alcuni loro resti. E dirà che, prima dei soldati, arrivò un gruppo di archeologi (!). Di cui nessuno troverà mai, ovviamente, traccia.

Domanda del cronista: dove sono, Jim, questi rottami? Ahi ahi, peccato: Jim non li ha più. E perché non li ha più? Perché qualcuno, mesi dopo, gli rubò il camion. Capito che sfiga? Per mesi Jim conserva i rottami sul suo camion, e poi uno sconosciuto glieli frega, così, in quattro e quattr’otto, come niente fosse. Addio rottami.

Ma non c’erano anche quelli raccattati da Trudy Veroamore? E, a proposito, dov’è finita, la Trudy Truelove?

Triste storia, narra contrito il nostro Jim: sfortunatamente, ella defunse. Come? Un incidente stradale. Sbronza, una notte investì un ponte (!) in pieno, e precipitò con il suo veicolo nel fiume. Non si trovarono più, né Trudy, né il veicolo, tanto meno i rottami dell’astronave.

Resterebbe da capire come mai Jim sa dell’incidente, vista la modalità, ma sorvoliamo.

Conclusione. Un furto sfortunato. Ed uno sfortunatissimo, terribile, tragico, singolare, accidente dove la Trudy Truelove Veroamore ci lascia le penne.

Very sorry, my friend: no wreckage. Niente rottami. Niente prove.

Questi racconti vennero presi sul serio e divennero una pietra angolare, citati in almeno tre libri su Roswell.

Quando un cronista si recherà a Roswell, ed indagherà su Ragsdale, scoprirà che di questa storia non aveva mai detto nulla alla prima moglie (che, stanca di un simile soggetto, divorziò da lui dopo quarant’anni di matrimonio). La donna confermerà invece che, ubriaco, l’udì raccontare questa favoletta ad un amico, sbronzo anche lui, mentre si facevano delle gran risate.

Altri abitanti del posto confermeranno che mai, in nessun momento, si ebbe il minimo sentore, a Roswell, del fatto che un’astronave aliena fosse precipitata nei pressi della loro città. Kenny Schear, manager di un ranch della contea, dichiarerà: “Questa è la migliore barzelletta che io abbia mai udito in vita mia”.

Potevano mancare le accuse alle autorità di avere insabbiato ogni cosa? Certo che sì, ma non mancarono.

Ma si sa com’è la free press negli USA: cane ferocissimo a guardia della verità. Così, FBI, CIA, Aeronautica, formano un’associazione fra bande di malfattori, tutti coalizzati, secondo una certa stampa, per nascondere il più grande evento nella storia dell’umanità: il ritrovamento di un artefatto prodotto da un’altra razza intelligente.

roswell 2La vetta si raggiungerà quando si arriverà a produrre, come prova dell’insabbiamento, un film che mostra l’autopsia di un alieno.

Film che naturalmente è stato sottratto alla conoscenza del pubblico per più di quarant’anni per volere delle Autorità, e che è stato recuperato per puro caso da un investigatore coraggioso. Senza scopo di lucro, beninteso.

Un giorno, a Londra, il film fu però messo in vendita, all’onestissimo prezzo di sei milioni di dollari.

Per quanto ne so, non ci furono acquirenti. Ed al montare dei dubbi sulla sua autenticità, il film discretamente scomparve insieme con il proprietario. Alcuni fotogrammi sgranati sono ancora rintracciabili su internet.

segue

 

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