- Il rapporto scientifico dell’UNSCEAR su Fukushima
Nell’aprile 2014 le Nazioni Unite hanno pubblicato il rapporto scientifico dell’UNSCEAR (United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation) sull’incidente di Fukushima. Due volumi per oltre seicento pagine. Titolo ufficiale “UNSCEAR 2013 – Report to the General Assembly with Scientific Annexes”. Il primo volume contiene anche la revisione dei “findings”, una sorta di executive summary, presentata all’Assemblea Generale ONU del 2013 e approvata dalla stessa. E’ un lavoro complesso, che ricostruisce la cronologia degli eventi, stima la quantità di materiali radioattivi rilasciati nell’ambiente, le dosi assorbite dalla popolazione, degli operatori della centrale e di coloro che furono occupati successivamente sul sito, e riporta gli effetti, attuali e previsti, sull’ambiente e sulla salute in generale.
In particolare, il secondo volume si occupa esclusivamente di un’indagine dettagliata sull’effetto prevedibile delle radiazioni sui bambini (Effects of radiation exposure of children). Il report è stato preparato da un team di oltre 80 esperti provenienti da 18 paesi, più un gruppo di consulenti noti a livello internazionale nel proprio settore di competenza. I dati analizzati provengono dal Giappone, da venticinque stati membri dell’ONU, da organizzazioni internazionali (FAO, AIEA, OMS, WMO, ecc) e da diverse ONG. A tutti i membri del team è stato chiesto di dichiarare eventuali conflitti di interesse. Il lavoro è stato organizzato in gruppi per settori specifici, che a loro volta rispondevano a un Gruppo di Coordinamento degli Esperti guidato dal Dr Wolfgang Weiss, Germania, capo del Dipartimento della Salute e della Protezione dalle Radiazioni dell’Ufficio Federale di Protezione dalle Radiazioni (BfS). Oltre all’ONU, hanno partecipato al finanziamento della ricerca la Germania, la Svizzera e la Svezia. Nessun italiano, purtroppo, ha partecipato al gruppo di lavoro, e nessun organismo italiano ha partecipato alle sessioni UNSCEAR dove sono stati presentati i risultati.
Nell’introduzione del report si legge: “Gli esperti hanno raccolto e analizzato dati e informazioni, definito metodologie e processi, allo scopo di assicurare che la qualità dei dati corrispondesse allo scopo della ricerca; hanno valutato la letteratura scientifica pubblicata in relazione ai temi di interesse, ed anche quella in parte non pubblicata; hanno stimato l’entità della radioattività rilasciata nell’ambiente e le dosi di radiazioni assorbite (dalle persone coinvolte nell’incidente ndr); e valutato le implicazioni per la salute umana, come quelle per l’ambiente.” A continuazione diamo una sintesi dei risultati (provvisori) della ricerca, completandola con dati e valutazioni provenienti anche da altri studi. In particolare, faremo riferimento a quelli della World Nuclear Association, e al Report “Effects of Inizing Radiations”, pubblicato dall’ONU nel 2008. Quest’ultimo è il più completo aggiornamento esistente sugli effetti sulla salute umana delle radiazioni.
Per quanto riguarda il giudizio sulla catastrofe di Fukushima dal punto di vista della sicurezza degli impianti nucleari, si farà riferimento alla Carnegie Endowement for International Peace, che ha pubblicato vari lavori assai critici sul tema della sicurezza degli impianti nucleari giapponesi. In particolare sostenendo (qui) che il disastro cui andò incontro la Fukushima Daiichi Nuclear Power Station, fosse, in qualche misura, prevedibile e dunque si sarebbe potuto evitarlo o ridurne significativamente le conseguenze mettendo in campo, per tempo, adeguate misure.
- Terremoto e Tsunami: il contesto della tragedia
Al largo dell’isola di Honshu, Giappone, due placche tettoniche sono sovrapposte: quella nord-americana e quella di subduzione del Pacifico. In condizioni normali, esse scivolano l’una sull’altra di circa 10 centimetri l’anno. Ma alle 14 46 del 11 marzo 2011, 800 m al di sotto della superficie marina (il mare in quel punto è profondo 6900 m), e a circa 130 km al largo della città di Sendai, qualcosa si rompe, causando un terremoto di momento Mw pari a 9,0. L’energia liberata dalla rottura è equivalente a circa 480 milioni di tonnellate di tritolo. E’ come se esplodessero contemporaneamente 32.000 (trentaduemila) Little Boys, la bomba atomica sganciata dal B 29 Enola Gay su Hiroshima il 6 agosto del 1945. E’ stato il più violento terremoto mai registrato in Giappone, ed il quarto a livello mondiale dall’inizio del ‘900. Un terremoto raro e terribile: un doppio sisma, provocato da una rottura lunga 450 km, e durato 160 secondi: lunghissimi, terribili, interminabili. Quasi tre minuti di apocalisse.
Un terremoto così violento da sollevare il fondo marino di oltre dieci metri, e di farlo spostare orizzontalmente di circa 50. Così violento da spostare verso est l’intero Giappone di qualche metro. Così violento da far sprofondare la costa prospiciente l’epicentro di circa mezzo metro rispetto al livello precedente. Così violento da spostare l’asse terrestre di 17 cm e, a causa redistribuzione delle masse, in grado di modificare la velocità di rotazione della Terra, accorciando il giorno medio terrestre di 1,8 microsecondi, secondo i calcoli realizzati dal Jet Propulsion Lab della NASA. Così violento che le coste del Cile, poste a migliaia di km di distanza, furono investite da onde alte 2 metri. E nel porto di San Francisco, in California, ondate da 2,5 m produssero danni per 50 milioni di dollari.
La prefettura di Tohoku è la regione di Honshu più prossima all’epicentro. Il terremoto produsse gravissimi danni, ma la distruzione maggiore fu compiuta dal successivo tsunami, che investì le coste circa 50 minuti dopo, intorno alle 15 35 di quel giorno terribile. Cinquecento sessanta chilometri quadrati furono inondati da onde che in prossimità sulla costa raggiunsero anche i 20 metri di altezza. Alte, cioè, quanto un edificio di sei piani.
Dei quindici porti investiti dallo tsunami, quattro furono totalmente distrutti. Ventiduemila battelli furono trascinati a terra, investirono cose e persone, e poi in parte furono dal riflusso risospinti indietro, rafforzando l’effetto distruttivo. Strade, ferrovie, ponti, linee elettriche, sottostazioni, aeroporti, acquedotti e serbatoi, dighe, ospedali, scuole, fabbriche, case: tutto venne travolto e distrutto, o gravemente danneggiato. Una raffineria di petrolio nei pressi di Tokyo, ad oltre 230 km dall’epicentro, bruciò per ben 10 giorni, causando sei morti. Un degassificatore per poco non saltò in aria, ma rimase comunque fuori uso per più di un mese.
Quattro milioni e mezzo di case rimasero senza elettricità per molti giorni. Un milione e mezzo senza gas per settimane intere. L’impatto ambientale in termini di prodotti tossici, inquinamento dell’aria e delle falde acquifere è forse perfino più grave del successivo dramma nucleare. Crollarono dighe, come quella di Fujinuma. Le ondate successive di tsunami trascinarono a terra enormi quantità di sedimenti marini. Una stima li fa ascendere a circa 30 milioni di tonnellate. Una buona parte delle terre inondate rimarrà non coltivabile per anni.
L’area investita dallo tsunami è, era, abitata da circa 120 000 persone. L’area investita dagli effetti del terremoto, è, ovviamente, più grande. Il conto dei morti e dei danni è terrificante. Al 1° settembre 2013, si stimano essere 18.703 i morti, 2.674 i dispersi, e 6.220 i feriti. La maggior parte annegata. 130.000 gli edifici totalmente distrutti, 258.000 quelli gravemente danneggiati, ed oltre 700 000 case di abitazione, per lo più di legno, parzialmente danneggiate.
A ciò si aggiungono circa 60 000 edifici di altra natura (scuole, ospedali, fabbriche) con danni di varia entità. La stima dei danni materiali fu di 235 Miliardi di dollari. Di certo, e di moltissimo, approssimata per difetto: è il valore dei danni inflitti ai soli beni coperti da assicurazione. Impossibile trovare parole che diano un’idea compiuta delle dimensioni apocalittiche della tragedia. Eppure, nell’immaginario collettivo di questa umanità contemporanea priva di pietas e di senso delle proporzioni, essa sarà ricordata evocando un nome: Fukushima.
Disastro terribile, ma infinitamente meno letale del terremoto e dello tsunami che l’originò.
Mario Giardini
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